Storia di Istanbul

Contenuti

Breve profilo storico della città
Le origini

 

Per quale miracolo essa emerse dalle profondità del mare come una perla dalla sua conchiglia, e si di spiego a formare le rive del Bosforo e del Corno d’Oro, è un prodigio che la storia non conosce. A parlare in termini geologici, nel periodo in cui la nostra terra cominciò ad assumere l’assetto attuale, la regione egea sprofondò, il mare invase i bacini profondi e si formarono delle isole. Fu allora che la Natura si dilettò a creare le meraviglie. Al fine di unire il limpido e azzurro Mare di Marmara, incastonato come un lago tra le terre, al profondo e oscuro Mar Nero, la Natura staccò a forza due enormi continenti. Da questo capriccio ebbero vita le increspate riviere del Bosforo. Poi, nel restante triangolo a occidente, come a prepararlo per un lungo avvenire di inconsuete fortune, essa scavò un canale all’interno delle terre.

Chi furono i primi uomini a popolare questa plaga eccezionale e a sceglierla per stabile dimora

Nel 1952, durante gli scavi compiuti a Kadiköy, il più antico distretto di Istanbul sulla costa asiatica, vennero alla luce scheletri e utensili risalenti a tremila anni prima di Cristo. Il che fa pensare che anche in quell’era remota la costa asiatica era abitata. Nel 1871, durante i lavori di scavo alla base del palazzo Topkapi per la costruzione della linea ferroviaria e più tardi, nel corso di scavi sullo stesso punto, vennero dissepolti grossi monoliti; chiara dimostrazione che in quel luogo vi erano insediati degli esseri umani molto prima dell’arrivo dei Greci. E’ tesi accettata che i primi abitanti conosciuti di Istanbul fossero stati i Traci, che vivevano nella Tracia Orientale ed erano di stirpe indo-germanica, illustri storici e geografi dell’antichità, come Erodoto e Strabono, hanno lascialo scritti che lo confermano. Inoltre, i Fenici, che ebbero in mano quasi tutti i traffici commerciali della costa asiatica, raggiunsero Kadiköy e vi si stabilirono. Una delle piu antiche leggende racconta che Re Bizas, figlio del semidio Semestras e allevato dal semidio dei Traci, Buzie, venne da Megara in Grecia nel 660 a. C. per fondarvi un regno. Più tardi la città fu chiamata Bizantion da Buzas o Bizas, un nome proprio della Tracia al quale furono aggiunti «nt» e «is», i suffissi della Frigia.

A questo re era stato ordinato di costruire la sua città «di fronte al cieco» Seldem caecorum terris adversam). Quando i nuovi arrivati si accorsero che coloro che li avevano preceduti si erano stabiliti a Chalcedon (la Kadiköy odierna), senza aver prestato attenzione alla bellezza delle spiagge europee, Il chiamarono «ciechi»e costruirono la loro città sulla riva opposta, obbedendo agli ordini dell’oracolo.

E’ noto che i marinai dell’Ionio avevano fondato colonie nell’ottavo secolo a.C. sulle rive del Mar di Marmerà, a Cyzicus, e a Trapezus sul Mar Nero. Già nel settimo secolo a.C. la mitologia ci racconta che gli abitanti della Bythinia e i Thini si erano impadroniti di una città situata di fronte a Kadıköy (v. Erodoto IV-144 e Stradone VII 320, che ricordano l’insediamento dei «ciechi»).

Nel sesto secolo a.C. questo nuovo centro urbano divenne teatro di eventi storici estremamente importanti per l’Asia Minore : Dario I, re dei Persiani, voleva costringere la città a fare atto di sottomissione. Le sue legioni attraversarono gli stretti fra la Calcedonia e Bisanzio su di un ponte di barche che, dopo la sua sconfitta, venne distrutto. Tuttavia, la città non era destinata a godere per lungo tempo la sua precaria indipendenza poiché Otanes, satrapo di Ionia, impose a sua volta l’egemonia dei Persiani sulla regione. Malgrado ciò, dopo la sconfida dei Persiani, le genti di Bisanzio e della Calcedonia videro le loro flotte bruciate dalle navi persiane e fenicie. Le popolazioni indifese si rifugiarono in Mesambria sul Mar Nero dove vennero accolte da una colonia dei Megari.

 

Dopo aver subito la sconfitta di Platea nel 478 a.C., i Persiani, guidati da Pausania , re di Sparta, riuscirono a salvare e a riprendere la loro città. Questi fatti, avvenuti su due continenti, valsero ad accrescere l’importanza degli stretti.

Nel timore che il dominio di Pausania dovesse esserle pericoloso, se non addirittura fatale, Atene, sotto l’egida di Si-mone di Atene, mise fine al suo potere nel 42 a.C. Con l’aiuto dei cittadini, che assicurarono la supremazia navale di Atene fra Deloe l’Attica, liberò le coste della Tracia dall ‘inde­siderabile presenza dei Persiani. Inoltre, Atene attuò una politica di costante controllo di Bisanzio che cosi assolse il suo ruolo naturale di città chiave fra le colonie del Mar Nero.

E’ noto che al tempo di Pericle e, più tardi, di Alcibiade, venne posta a Bisanzio una barriera doganale. Come risultato di queste misure, durante le guerre peloponnesiache tutto il traffico attraverso il Bosforo potè essere precluso ai nemici di Atene.

Frattanto Bisanzio stipulò un trattato di alleanza con gli abitanti della Tracia contro quelli della Bitinia che minacciavano le città di Bisanzio e di Calcedonia.

 

Nel 441 a.C. la flotta spartana, comandata da Clearco, e quella di Megara, sotto la guida di Helixos, riuscirono a penetrare nelle acque di Bisanzio; la città venne cosi a trovarsi sotto il loro dominio fin quando Alcibiade sconfisse le flotte nemiche nella fatatagli a navale di Cyzico e restituì ad Atene l’egemonia su Bisanzio. Lisandro di Sparta riconquistò la città nel 405 e quando, pochi anni dopo, l’esercito dei Diecimila guidato da Senofonte raggiunse la città, essa torno sotto il dominio di Sparta sebbene la lotta fra Atene e Sparta per il controllo della città non cessasse. -Nel 389 a.C. la flotta ateniese, capitanata da Trasibulo, mise fine all’egemonia spartana ma riconobbe al tempo stesso l’indipendenza della città da Atene. Quest’ultima perciò fu costretta ad abbandonare l’Asa Minore ai Persiani e riconoscere l’autonomia delle colonie elleniche -in quei luoghi. Nel 386 a.C., in seguito all’accordo stipulato con i Persiani, Atene fu costretta a garantire l’autonomia di Bisanzio.

 

Nel 357 a. C. la rafforzata indipendenza di Bisanzio incoraggiò Mausolo, re della Caria, ad associarla ai suoi alleati, Rodi, Cos e Cnidos, nella «Guerra Sociale» contro Atene. Solo Bisanzio trasse vantaggi da questa alleanza, poiché le altre. Rodi e le isole succitate, finirono sotto l’egemonia della Caria. In ossequio alle leggi naturali che governano Stati e uomini, Bisanzio cominciò a svilupparsi e a intraprendere conquiste. Di conse­guenza, la Calcedonia, attraverso gli Stretti, fu occupata e i confini della città si estesero fino a Filea sul Mar Nero.

Ma le stesse leggi naturali fecero sentire il loro peso su questo nuovo Stato, affetto dalla malattia dell’aggressione, mettendogli contro uno Sato ancor piu grande : Filippo II, il nuovo re della Macedonia, si fece avanti nel 342 a.C. a reclamare l’intera regione come parte integrante del suo regno attuale. Nel 340-339 a.C., Filippo cinse d’assedio la città, ma, a causa dell’aiuto recato da Atene, non riuscì a espugnarla.

Suo figlio, Alessandro il Grande, nel corso delle sue campagne contro i Persiani e Bisanzio, imparò col tempo a mostrarsi conciliante, presentandosi ai suoi contemporanei come un sovrano sorridente e benevolo. Questa politica non poteva non accrescere le sue grandi fortune e soprattutto a salvargli la vita.

Non molto tempo dopo, nel terzo secolo a.C., Bisanzio subì la più grande sventura della sua storia, tenuto conto delle conseguenze che ebbe sulle sue future vicende : l’arrivo dei Celti, Questa immensa e micidiale armata circondò fa città, sottoposta cosi per la prima volta a una minaccia d’invasione da parte dei paesi della penisola balcanica. E la spaventosa minaccia dovette continuare per un migliaio di anni. Quella volta Bisanzio fu costretta a versare tributi favolosi per evitare le sventure di una occupazione militare. Comunque, nel 220a.C.il predominio celtico crollò e Bisanzio fu salva, quantunque per breve tempo.

 

Nel 202 a.C., Filippo V di Macedonia tornò ad assediare la città, ma, ancora una volta, le mura della metropoli salvarono Bisanzio.

Piu tardi, Attalo I, re di Pergamo, con l’aiuto delle sue alleate Rodi e Cyzico, ingalggiò una battaglia navale al largo dell’isola di Ohio liberandosi perciò dei Macedoni e guadagnan­dosi le simpatie di Roma.

 

Nel 197 a.C. Roma vinse definitivamente i Macedoni e riconobbe, con un trattato, l’indipendenza di Bisanzio. Ma, nonostante questo accordo, la fragile Bisanzio venne a trovarsi a fianco a fianco di un nuovo mostro, Roma, continuando tuttavia e perseguire i propri interessi con una opportuna politica.

Già un secolo prima di Cristo, Roma aveva occupato la penisola balcanica. Verso la fine del secondo secolo d.C. conquistò Bisanzio. L’imperatore Settimio Severo, per punire la città che aveva sostenuto il suo rivale, cominciò a devastarla; poi, colpito da tanta bellezza, si volse a curarne la restaurazione.

Dall’anno 325 l’imperatore Costantino cominciò ad ampliare la città e, nel 330, in mezzo ai fasti di una grande cerimonia, trasferì II trono dell’impero da Roma a Bisanzio. Fu in questo periodo che la città fece il suo ingresso nella storia mondiale. Da questo momento apparve nel cielo blu una stella brillante; una stella color platino, di tempo in tempo, con riflessi rosso sangue.

A partire da quell’evento, e per 250 anni, la cultura latino- romana calcò la sua impronta su Bisanzio. Vennero imposti i sistemi di amministrazione romani, le leggi romane, e il latino divenne la lingua ufficiale.

In quel periodo, la città era conosciuta come la «seconda Roma». Dopo il quinto secolo, cominciò a essere chiamata la «nuova Roma» e gli abitanti della città (come accadde piu tardi a tutti coloro che si trovavano entro i confini dell’Impero) furono noti come «Romani». Da questo nome è derivata la parola «Rum» usata dagli Arabi e dai Turchi per designare i popoli dell’Occidente.

A seguito degli ampliamenti alla città operati da Costantino, i bastioni andarono a distendersi lungo le rive del Marmara e da Samatya fino al Corno d’Oro e a Cibali. Nel 395 l’Impero Remane si divise in due e Bisanzio divenne la capitale dell’Impero Romano d’Oriente.

In Europa si susseguirono le Invasioni delle popolazioni nomadi asiatiche. Bisanzio visse allora sotto la minaccia di invasione da parte dei Goti e degli Unni. Nel 410 Alarico, re dei Visigoti, raggiunse l’Italia meridionale e le orde barbariche fecero subire a Bisanzio un simile destino. Teodosio i riparò le mura e le estese di un chilometro e mezzo. Attila avanzò fino a meno di venti chilometri dalla città, impose un riscatto o poi si ritirò.

Da questo momento, la storia della città, il destino di Bisanzio, sono poco piu di una serie senza fine di invasioni dall’esterno e di innumerevoli lotte religiose e politiche all’interno.

Agli inizi del settimo secolo, con l’ascesa al potere di Eraclio, Bisanzio pissò sotto l’influenza culturale greca. L’ellenizzazione della città fu tale che il greco divenne la lingua ufficiale dello Stato. Fra il 527 e il 565, il regno di Giustiniano segna l’epoca piu brillante della storia di Bisanzio, l’età d’oro dell’Impero, in cui l’arte e le scienze giunsero al loro massimo splendore. Fu durante questo periodo che venne edificata Santa Sofia. All’estero. Giustiniano conquistò l’Italia e il Nord- Africa e scacciò Vandali e Persiani dall’Anatolia.

 

Ma, secondo le leggi naturali, una espansione cosi grande – tanto geografica quanto economica – non poteva durare. La morte di Giustiniano segnò l’inizio della decadenza. Il governo di Bisanzio non fu più in grado di controllare un impero così vasto.

Agli inizi del settimo secolo, provenendo dall’Oriente, i Persiani Sassanidi si attestarono in Calcedonio (Kadiköy). Era il 610. Poi, nel 622, provenienti dalla Tracia, gli Avari avanza­rono fino alfe mura della città. E dal 619 i Bulgari cominciarono a prendere parte alle lotte per il trono. Nell’860 i Russi, a bordo di centinaia di navi e di piccole imbarcazioni, si prepararono a discendere su Bisanzio. Nell’813 Kurum Han, un re bulgaro, e nell’896 e nel 924 lo zar Simeone di Bulgaria assediarono la città; quindi, nel 941, tornarono i Russi. Nel 934 e nel 943 Ungari di origine turca assediarono a loro volta la città.

 

Nel 668 le armate dell’IsIam penetrarono a ondate successive nel paese ponendo l’assedio a Bisanzio varie volte e, nel 655, vicino a Phoenix, distrussero la flotta bizantina. Dopo il 673 nel corso di un assedio durato sette anni-, la flotta araba assediò Istanbul, Fino al 781 gli Arabi effettuarono cinque spedizioni. Poi venne la volta ell’onda crescente dei Turchi provenienti dall’Asia, come 1 Petchenekl, che nel 1090 arrivarono fino a Çekmece, nei pressi di Bisanzio, e s’impossessarono della Tracia.

 

Mentre queste vicende si svolgevano all’esterno, i fatti accaduti all’interno non erano più confortanti. Tutto era confuso e Instabile. Ai primi abitanti, Traci, Romani e Latini, si erano uniti mercanti e soldati di origine ebraica, turca, russa e tedesca.

Tutte queste genti si depredavano a vicenda e coloro che riuscivano a scalare il trono di Bisanzio, compresi quelli di origine turca e armena, proteggevano e favorivano gli interessi delle loro genti. La città venne cosi dilacerata da differenze culturali, religiose, ideologiche e politiche. Fra il 717 e l’820, e poi ancora fra l’820 e l’867, le dinastie siriane e armorite, salite al potere, diedero vita al movimento iconoclasta i cui aderenti avversavano le immagini dì Cristo e dei Santi e distrussero migliaia di opere d’arte. Quanto alla disputa con la Chiesa Occidentale, fu più violenta che mai e nel 1050 la separazione delle chiese divenne definitiva.

 

Nel nono secolo, liberata dalla dominazione bizantina, Ve­nezia era diventata una repubblica mercantile e cominciava a estendere la sua influenza. Altre città italiane, Amalfi, Pisa, Genova, avendo anch’esse conquistato la loro indipendenza, si gettarono nei traffici ed estesero la sfera delle loro attività in modo assai rapido. Con un acuto senso degli affari, gli Italiani raggiunsero Bisanzio e vi si stabilirono. Furono loro assicurati privilegi commerciali e accordate esenzioni da tasse e oneri doganali; talché, poco alla volta, si stabilirono sulle rive del Corno d’Oro. Le quattro colonie italiane insediatesi dalla cinta del Serraglio (Sarayburnu) fino al punto dove sorgono ora 1 due ponti, se favorirono lo sviluppo di Bisanzio, accrebbero allo stesso tempo le proprie1 ricchezze. Nel 1267 i Genovesi ottenero il permesso di installarsi sull’altra sponda del Bosforo, a Cala­ta. Siccome vi godevano piena indipendenza, il loro insediamento conobbe una rapida espansione.

 

Ma questo panorama, tanto etnografica che economico, portava con sé i germi della piu grande tragedia che Bisanzio dovesse subire.

La crescente ricchezza degli Italiani fini per suscitare l’invidia dei Bizantini. Nel maggio 1182, il popolo insorse e sfogò il suo rancore massacrando seimila persone. Ristabilito l’ordine, i Veneziani ripresero i loro traffici, ma la loro vendetta sui Bizantini doveva essere terribile.

Contro la minaccia di pagani e musulmani, Bisanzio aveva sempre ottenuto l’aiuto dell’Europa cristiana. Era l’epoca delle crociate, quelle spedizioni pretestuosamente dirette a liberare Gerusalemme dalla morsa dei musulmani. La quarta Crociata venne dirottata verso Bisanzio. Il 23 giugno 1203 1 Crociati sbarcarono a Yeşilkoy. Il 13 aprile 1204, dopo lunghi e aspri combatti menti, ‘Bisanzio cadde. Ne seguì il più terribile saccheggio che una città avesse mai dovuto subire. I La­tini non lasciarono pietra su pietra. Libri sacri vennero distrutti, le chiese vennero depredate. Ogni oggetto d’oro o d’argento che potè essere trovato venne fuso e colato in lingotti. Un incalcolabile numero di opere d’arte prese la via dell’Europa. I Latini tennero Bisanzio fino al 1261. Quando i Paleologhi riconquistarono la città, essa era in condizioni pietose. Dopo il regno di Giustiniano, Bisanzio aveva goduto una seconda età dell’oro durata dalla fine del movimento iconoclasta (845) fino all’occupazione latina. Ora, di tutta la ricchezza e delle opere d’arte che si erano accumulate durante questo periodo restavano solo rovine. Bisanzio non fu più In grado di riprendersi da questa tragedia.

All’inizio del quindicesimo secolo, la nazione Osmanli, che si sviluppava con sorprendente velocità, divenne la principale antagonista di Bisanzio. I Turchi dell’Anatolia, nel corso del quattordicesimo secolo, si stabilirono su tutta la penisola balcanica come una popolazione indipendente, capace di autogovernarsi. Bisanzio non era che una città isolata, in mezzo all’Impero ottomano. Questa volta il nemico non era affatto della tempra di quelli che Bisanzio aveva conosciuto in passato. Con un solido sistema legale e amministrativo, il turco non aveva conosciuto altro che vittorie.

Dopo uno o due tentativi di invadere la città, il giovane sultano Maometto li, allora ventunenne, costruì la fortezza di Rumeii Hisari e bloccò le vie di accesso alla città. Ma il Corno d’Oro era stato chiuso dai Bizantini che avevano disteso una catena lungo tutta la sua lunghezza. La notte del 21 aprile il giovane Sultano fece trasportare 67 navi dalle rive di Tophane fino alla sommità di Beyoglu e di là, le fece di la sua flotta, via terra, dal Bosforo al Corno d’Oro.

Il 29 maggio 1453 la città fu espugnata.

Istanbul Turca

Con la presa di Istanbul da parte di Maometto 11, il Conquistatore, cominciò per la città un periodo di civilizzazione dallo sviluppo eccezionale, dati i tempi. Secondo le consuetudini medioevali. Bisanzio subì la sorte di tutte le città che si rifiutavano di capitolare. Per tre giorni fu abbandonata ai saccheggio ma poi il Conquistatore firmo un decreto che restituiva ai vinti tutti i loro diritti. Resasi vacante la sede patriarcale, indisse le elezioni e riconobbe il Patriarca eletto. Salvò le opere d’arte bizantine e le protesse.

Quindi il Conquistatore si accinse a restaurare la città. Attri­buendo grande importanza alla politica demografica, distribuì a tutte le comunità che vivevano entro i confini dell’impero ottomano  Turchi, Greci, Armeni ed Ebrei – case ed edifici un tempo appartenuti al governo Osmanli, invogliandole cosi a vivere al l’interno della città.

In seguito a ciò, e contrariamente a quanto era avvenuto in passato, la città godette per secoli un’era di pace e di prosperità. La configurazione di una città orientale si ispirava al tracciato geometrico fissato dai Romani.

Sulle alture che dominavano Istanbul sorsero superbe moschee; vicino al mare, ai piedi delle colline boscose, vennero erette abitazioni private signorili e ville in legno, mentre fontane vennero collocate agli angoli delle strade e mercati, dall’aspetto misterioso, con tetti a cupola, riempirono la città.

Capitale di un immenso impero le cui frontiere si estende­vano dalle porte di Vienna alle rive africane del l’Atlantico, dalla penisola arabica alle coste estreme sull’Oceano Indiano, Istan­bul viveva nel cuore di questa enorme potenza, ben protetta da pericoli esterni, in pace e sicurezza. Nulla restava dei continui attacchi che la città aveva subito nell’era bizantina. Nonostante alcuni improvvisi mutamenti interni, Istanbul visse nei piaceri e nelle molli comodità di una filosofia orientale. Una siffatta atmosfera di serenità le conferì un che di leggerezza, una dote aerea, eterea, che stupiva e attraeva i visitatori. Anche nelle molte stampe che dipingono la città, questo clima di poesia e incanto si può avvertire nella Istanbul ottomana.

In cinquecento anni, a parte rivolte interne dovute a intrighi di palazzo e crimini conseguiti al loro esplodere, le sole cose che turbarono la vita di Istanbul furono le catastrofi naturali. Nel seguire la presente guida, vi accorgerete di quanti capolavori Istanbul sia debitrice ai Turchi durante 1 periodo dell’impero ottomano.

 

Nel contempo, mi piacerebbe però presentare al lettore alcune immagini storiche della città allo scopo di aiutarlo a sentire quell’atmosfera e a offrirgli un quadro esatto di come la città si presentava sin dal 1453.

Il terremoto del 1509, che durò quarantacinque giorni, distrusse 109 moschee e 1070 case e non lasciò in piedi un solo minareto in tutta la città. Nel 1528 l’esercito si ribellò per la prima volta e marciò sul palazzo. Nel 1609 una nave inglese portò la prima pianta di tabacco a Istanbul, ma quattro anni più tardi, nel 1613, un firmano del Sultano vietò le bevande alcooliche e l’uso del tabacco. I caffè vennero chiusi. Nel 1621, durante un inverno particolarmente crudo, il Corno d’Oro e il Bosfaro ghiacciarono e la gente passò a piedi da una riva all’altra.

Un anno dopo, l’assassinio del giovane Sultano Osman fu il primo delitto consumato contro un monarca Osmanli. Nel 1632, approfittando del fatto che il Sultano non aveva eredi, i Giannizzeri, che erano sempre in agitazione, si ammutinarono facendo passare alla città alcune ore di terribili ambasce. Un anno dopo scoppiò un incendio che distrusse un quinto delle case in quel popoloso centro dove tutte le abitazioni erano di legno. Il Sultano Murad IV, divenuto adulto, istituì un governo autocratico che, col pretesto di proibire l’uso del tabacco, le riunioni e le consumazioni nei caffè, soffocò tutti i focolai di rivolta. Nel 1660 scoppiò un altro incendio in questa città di legno e distrusse più di ottantamila abitazioni. La folla mostrò grande calma e autocontrollo. Nel 1687, stanchi delle rivolte di una turbolenta soldataglia, il popolo e gli artigiani si raccolsero in forze davanti al palazzo, marciarono sui rivoltosi e fi sconfissero. Nel 1720 ebbero luogo festeggi a menti senza pari in onore della purificazione dei quattro figli del Sultano. Solenni celebrazioni ebbero luogo per tutta la città, durante le quali vennero purificati cinquemila fanciulli. Dopo la firma del trattato di pace di Pasarofca, sulla città aleggiò un’atmosfera di gioia e di magnificenza. Fu il periodo noto come quello dei «Tulipani». L’intera popolazione fu presa dalla passione per j fiori; vennero piantate centinaia di varietà di tulipani. Di notte, nei campi co­perti di tulipani, la luce delle candele che pioveva a fiotti dal­le lanterne di cristallo si fondeva coi vivaci colori dei fiori. Tali passatempi, con i loro effetti fiabeschi e multicolori, diventarono il prevalente interesse degli abitanti di Istanbul.

Ma quest’era di splendore e di scialo ebbe fine il 28 settembre con una rivoluzione. Il Sultano fu deposto e i poeti giustiziati. Nel 1731 fu vietato alle donne di andare in giro vestite in modo da eccitare gli uomini.

Nel 1785 un nuovo incendio distrusse ventimila case; dopodiché, degli incendi non si tenne più il conto. Il Sultano Selim III, che fu uno dei padiscià riformatori, fondò nel 1795 la prima scuola di ingegneria militare, o genio e stabili le rego’s fondamentali del codice militare. Durante la guerra con la Russia, le vittorie turche contrariarono l’Inghilterra, alleata in quel tempo degli zar, e ne! 1807 la flotta inglese si presentò davanti a Istanbul. Per suggerimento dell’ambasciatore francese, vennero chiusi i Dardanelli e si allestì una spedizione contro le navi inglesi nel Mar di Marmare.

Nel 1812 una pestilenza funestò la città provocando una mortalità media giornaliera di tremila persone.

Nel 1820 la propaganda cattolica fra gli Armeni assunse tali proporzioni che quelle genti non di confessione cattolica attaccarono e occuparono il Patriarcato. Nel 1821 il Patriarca greco, che aveva incoraggiato e sostenuto la ribellione nella Morea, fu impiccato alle porte del suo palazzo. La corte patriarcale, che ancora viveva nei sogni di una grandezza più confa­cente con i tempi bizantini, sprangò e sbarrò la porta del Patriarcato in segno di protesta per questa azione. Da allora, per l’ingresso, sono state usate ie porte laterali. E la porta centrale è sprangata tuttora. Forse la curia attende ancora la resurrezione del Patriarca per riaprirla.

Nel 1826 Mahmut II, un altro riformatore, decise Io sciogli­mento del corpo dei Giannizzeri che era esistito per 465 anni. Dopo aver giustizato gli ultimi ammutinati, istituì un esercito regolare e pose le basi per l’istruzione Tecnica militare. Nel 1827, siccome il Sultano aveva vietato l’uso del turbante, la gente cominciò a portare il «fez». I calzoni di foggia europea diventarono regolamentari per i funzionari governativi. Lo stesso Sultano indossava abiti europei. A un bailo dato nei pressi delia Porta d’Oro dall’ambasciatore inglese, per la prima volta furono visti parteciparvi alti ufficiali dell’esercito ottomano. Il primo giornale apparve nel 1831: era un organo governativo, con una tiratura di cinquemila copie. Nel. 1834 venne inaugurato un regolare servizio postale e venne costruita la strada Istanbul Edirne. L’uso della carrozza, un tempo privilegio del Sultano, venne concesso alle persone di un certo rango con la promulga­zione di un apposito decreto. Fu anche formulato un regolamento per specificare chi ne avesse diritto e quanti cavalli potesse usare.

Suo figlio, Abdülmecit I, che ascese al trono all’età di sedici anni, promulgando il suo famoso Tanzimat del 1839, introdusse riforme amministrative e giuridiche. Dal 1844 venne istituito un servizio di barche sui Bosforo. Le visite degli uomini d’affari in casa dei funzionari dello Stato vennero proibite. Poi venne proclamato che durante le feste del Bayram, eccezion fatta per la visita di cortesia a Palazzo, richiesta dal protocollo, i funzionari dello Stato non erano tenuti a rendere altre visite. Nel 1862 fu tenuta la prima lezione all’Università la cui costru­zione era iniziata nel 1846. Piu tardi, questo edificio diventò la sede del Ministero di Giustizia. Nel 1934 venne distrutto da un incendio. Il primo giornale commerciale in Turchia venne pubblicato nel 1840 da un inglese di nome Churchill. Più tardi, altri inglesi con lo stesso nome si interessarono dei Turchi. Nel 1864 fu abolita la schiavitù e chiuso il mercato degli schiavi. Nel 1856 il Sultano presenziò a un ballo dato dall’ambasciatore francese. Fu in quell’occasione che ci si rese conto che un’epoca finiva e ne cominciava una nuova. Se le riforme del Sultano avevano portato benessere, le sue spese erano enormi. Per esempio, in occasione del matrimonio di sua figlia fu spesa una somma di due milioni di lire – oro.

Nel 1861, quando il Sultano mori, gli successe il fratello Abdülaziz. Il nuovo padiscià, che era un vigoroso lottatore e un appassionato del combattimento dei galli, rispose alle acclama­zioni del popolo per la sua ascesa al trono, esentando gli abitanti di Istanbul dal servizio militare. Nel 1863 e nel corso degli anni seguenti vennero aperte numerose scuole d’arte e tecniche. Nel 1867 il Sultano accettò l’invito di Napoleone III e partì in viaggio per l’Europa, il liceo di Galatasaray, dove le lezioni erano tenu­te in francese, fu fondato nel 1868.

Dopo la deposizione di due Sultani, avvenne la proclama­zione della prima Carta Costituzionale e nel 1876 fu aperto 11 primo Parlamento. Approfittando della guerra contro la Russia, il nuovo Sultano, Abdulhamid II, sciolse il Parlamento e regnò come un monarca assoluto, ma venne deposto da una sollevazione militare dopo un regno di trentatrè anni.

 

Frattanto il trono e l’intero Stato ottomano vacillavano dalle loro fondamenta. La guerra balcanica e la prima guerra mondiale bastarono a rovesciarli. Gli eventi precipitarono con sorprendente rapidità. Le nuove grandi potenze, desiderose di dividersi i resti dell’Impero, mandarono i loro eserciti a Istanbul nel 1919. La città venne occupata. Dal 1818 al 1922, la capitale parve perduta in una cappa di foschia; una città immersa nelle tembre di una disperata desolazione. In porto erano all’àncora navi nemiche con i cannoni puntati sulla città. Beyoglu divenne una zona proibita ai civili dove marinai e ufficiali stranieri si divertivano. La vecchia Istanbul e Uskudar, immerse nell’ oscurità, guarda­vano verso l’Asia Minore attendendo il cader della notte prima di caricare le loro vecchie barche di armi sottratte ai depositi nemici e dirigersi verso il Mar Nero.

Ancora una volta fu l’Asia Minore il fulcro della rinascita dello spirito turco, rappresentata da Mustafa Kernel, che, grazie al suo genio, reintegrò Istanbul nella nazione turca.

Nel 1923 Ankara venne proclamata la capitale della Turchia e, come tale, in essa il governo venne trasferito. Istanbul lascio cosi l’arena politica, ma rimase il centro della moderna vita culturale e di una storica civiltà.

 

Aspetto topografico e fisico delia città dalla sua fondazione ai giorni nostri.

 

Bisanzio

Una fuggevole occhiata alla città al tempo dell’insediamento bizantino rivelerebbe la triplice divisione : le due aree che digradano verso il Mar di Marmara e verso il Corno d’Oro erano zone residenziali. Fra queste, parallela al Corno d’Oro, la strada che univa la cima delle colline a un’altra arteria, la Via Trionfale che conduceva da Santa Sofia, attraverso Beyazid, Aksaray e Cerrahpaşa, a Yedikule, costituivano l’asse lungo il quale si innalzavano i monumenti pubblici.

Ai tempi bizantini i grandi edifici erano in muratura. Odone di Deuil scrive che lungo le vie principali si allineavano case lussuose, ma l’interno della città era molto sporco e moltissimi luoghi non avevano luce affatto, il terreno fuori le mura di Costantantino veniva per lo piu utilizzato a orti cintati per fornire la città di verdure.

Il Palazzo era situato nel complesso di costruzioni a sud dell’Ippodromo. Più tardi, nel tredicesimo secolo, l’aristocrazia sitrasferi nei palazzi di Blachernae che da diversi secoli avevano subito degli ampliamenti. Beniamino di Toledo, che visitò la città nel dodicesimo secolo, scrisse che il Blachernae era il più bel palazzo del mondo.

Ai tempi bizantini la città era interamente cinta di mura. Come altrove, c’erano parecchie zone suburbane e città viciniori Ma queste erano del tutto separate da Bisanzio. Fra queste c’era Calcedonia, una città situata fra Haydarpasa e Kalamiş. Uskudar era un piccolo approdo di Calcedonia.

 

Sykae (Galata) era posta tra la Karakoy odierna e Azapkapi ed era circondata da un muro ai tempi di Costantino. Giustiniano costruì il solo ponte esistente nel periodo bizantino, fra Ayvansaray e Kasimpaşa. Villehardouin, scrivendo al tempo della quarta Crociata, attesta che questo ponte di pietra si trovava di fronte al palazzo Blachernae. Il ponte fu probabilmente distrutto durante l’invasione latina della città, siccome non esisteva più quando Ibn Batuta visitò Istanbul.

Dopo esser stata concessa ai Genovesi nel tredicesimo secolo, Galata si espanse e assunse il controllo del commercio straniero. Nel quattordicesimo secolo diventò une città indipen­dente. II distretto fra le mura di Costantino e quelle di Teodosio era tutto abitato e rimase una parte semirurale della città.

 

Il quartiere più importante fuori del centro di Bisanzio era Hebbomon (Bakirköy). Vi si radunavano gli eserciti in marcia per la Tracia. Vennero erette dapprima delle baracche, poi fu costruito un palazzo e intorno a esso sorse una piccola città dove la popolazione andava incontro agli Imperatori che tornava­no dalla guerra.

 

Sul Bosforo c’erano solo dei piccoli villaggi di cui i prin­cipali erano Santa Mamas (Beşiktaş), Santa Phoca (Ortaköy), Brochtoi (Vanikoy) e Sophianas (Çengelköy).

Sulla parte centrale della città, l’orizzonte era interamente dominato dalla mole di Santa Sofia. Guardando dal Marmata, non c’era altro edificio che la egua gliasse in altezza. Il complesso dei palazzi che digradavano verso il Marmata era ben visibile e probabilmente i punti di rilievo più prominenti erano le colonne che si innalzavano sopra il Foro. Le spiagge del Marmara erano più ricche di monumenti e più vivaci che nei tempi ottomani. Gli ingressi agli approdi e agli scali erano adorni di statue.

 

Povero invece il panorama dalla parte del Corno d’Oro. Il solo edificio che si elevava era la Chiesa dei Santi Apostoli (accanto alla quale fu poi costruita la Moschea di Fatih). Le arcate dell’acquedotto di Va’ente erano visibili anche dal Corno d’Oro.

Se analizziamo la topografia e H volto della città ai tempi bizantini, troviamo che è impassibile ridurli a un piano dettagliato come è invece possibile fare per una città dei giorni nostri. Ne conosciamo soltanto le linee generali.

Le mura

E’ possibile tracciare il profilo della città solo per mezzo delle sue mura, i primi bastioni vennero costruiti durante il regno di Byzas, nella prima zona, vale a dire sul luogo dove più tardi fu costruito il palazzo dei Sultani, il Topkapi. Erano lunghe circa cinque chilometri.

L’imperatore Settimio Severo estese le mura a occidente. Si è pensato che questa cinta cominciasse dalla Eminenti di oggi e passasse nelle vicinanze di Cagaloglu, di fronte alla Colonna Bruciata che vi fu posta dopo. Costantino il Grande demolì queste mura ed estese il fronte della città fin quasi a Unkapani, passando per il quartiere di Fatih fino a Etyemez (Rabdos).

Sotto Teodosio II le mura assunsero la loro disposizione e forma attuali. Opposte alla cintura verso la terraferma, allineata in triplice fila con un fossato antistante, le mura verso il mare, lungo il Como d’Oro e il Marmara, sono semplici e hanno torri a intervalli lungo tutta la loro lunghezza. Le mura del Corno d’Oro erano lunghe 5230 metri e alte dieci, avevano 110 torri e in certi punti si avvicinavano a meno di duecento o cento metri dall’ acqua. Le mura del Marmara seguivano la linea delle spiagge per 8260 metri. Vennero demolite in parte nel 1871 durante la costruzione della ferrovia, insieme a certi chioschi turchi del Vecchio Serraglio.

L’Acropoli

La città si stendeva da Sarayburbu (l’area del Serraglio] fino al luogo dove giace fra Santa Sofia e Sultan Ahmet (la Moschea blu). Sorgeva perciò sulla «prima collina». Proprio come nelle città elleniche, i templi, uno stadio e una palestra erano situati intorno all’Acropoli; i resti di questi templi si possono trovare sotto le fondamenta di Santa Sofia e di Santa Irene.

Nella piazza di fronte alla Santa Sofia di oggi aveva sede il mercato cittadino, l’«Agora». Una delle porte della città si apriva nella vallata di Sirkeci ed era chiamata il «Thrakion». Nelle vicinanze di questa porta c’erano due piazze, presso una delle quali fu costruito lo «Strategion», il complesso amministra­tivo della città.

 

I Porti

Corno d’Oro era un porto naturale. AI tempo in cui non c’erano i ponii che oggi vi si gettano, il traffico mercantile si muoveva con facilità, si conduceva ogni specie di commercio e le merci venivano agevolmente scaricate e immagazzinate. Il porto principale era chiamato «Neorion» e si stendeva proprio fuori le prime antiche mura, nel quartiere ora chiamato Sirkeci, che allora neppure esisteva. Proprio accanto a questo porto c’era una caletta chiamata «Bosporion», a fianco del palazzotto di Sepetciler, costruito piu tardi dai Turchi. Più avanti, nel luogo oggi chiamato Eminenti, sorgeva il porto di «Zeugma» (o Perama) che fu usato per lungo tempo.

Sulla costa del Marmara c’erano diversi approdi di varia importanza. Il primo di questi era il porticciolo di fronte al Palazzo di Bucaleon, vicino alla moschea di Kucuk Ayasofya (Chiesa di S. Sergio e Bacco, sulla strada litoranea. La caletta fu più tardi completamente ricoperta dai Turchi. Un poco più avanti, a occidente, giaceva il porto di «Kontoskalion» circon­dato da solide mura; la sua esatta ubicazione era nell’attuale distretto di Kumkapi, sulla strada litoranea. Seicento metri a occidente c’era il porto più piccolo, quello di «Kaisarion», in una baia che non esiste più. Infine, un poco più avanti, ancora verso occidente, sorgeva il porto più ampio di Teodosio (o Eleutherion) che aveva la lunghezza di un chilometro. Oggi, in questo punto, si stendono i giardini mercato Langa (il bizantino «Vlanga»).

Circondata dalle sue mura e dai suoi approdi, Istanbul non era una città concentrata e centralizzata del tipo occidentale, ma piuttosto, anche durante il periodo bizanino, aveva il carattere di una città orientale. Qua e là, nel centro cittadino, si aprivano ampi spazi vuoti e i quartieri erano separati da giardini. Alcuni quartieri erano a loro volta cinti da mura, con porte che veni­vano chiuse di notte.

 

Le strade della città

Le strade del tempo bizantino non sono ben note; i viaggiatori che nel corso dei secoli giunsero a Istanbul non le descrissero minutamente, e le varie costruzioni dei Turchi, i terremoti e i grandi incendi ‘hanno cancellato ogni loro traccia. A grandi linee, l’arteria più importante conduceva alle piazze principali, come ad esempio la strada che dalle Sette Torri sboccava, attraverso Aksaray, in piazza Santa Sofia. Anche oggi, la strada che da Edirnekapi (Porta Adrianopoli) corre fino a Santa Sofia, segue approssimativamente Io stesso tracciato dei tempi bizantini. La strada che si apre da piazza Beyazid, di fronte a Santa Sofia, era un magnifico viale, adorno su entrambi i lati di arcate e statuette. Sopra le arcate c’era un’altra strada riservata ai pedoni.

Settimio Svero per primo costruì una piazza con quattro portici, «Tetrastoos», a nord dell’Ippodromo, con un viale fiancheggiato da portici che univa questa piazza alla porta delle mura cittadine, a un dipresso dove oggi sorge la Colonna Bruciata.

Le piazze principali

Le principali piazze della città erano le seguenti :

Forum Arcadii

Forum Arcadii; Il quartiere di Avrat Pazari. AI centro di questa piazza sorgeva la colonna di Arcadio il cui piedistallo esiste ancora.

 Forum Bovis-Forum Ox

 

 Forum Bovis; Nel punto della attuale piazza di Aksaray; prese il nome da una statua in bronzo, raffigurante la testa di un bue, che era stata portata da Pergamo.

Forum Tauri-Foro Teodosio

 Forum Tauri; Nello stesso punto dove ora sorge piazza Beyazid. C’era la statua bronzea di un toro che diede il nome alla piazza, e del pari una grande statua di Teodosio, per la quale la piazza anche cosi veniva chiamata. Ciò rivela che nel passato prevalevano certe aperture mentali; non era cioè considerato disdicevole erigere sulla stessa piazza la statua di un animale e quella di un uomo. E’ altrettanto evidente che questo costume venne abbandonato in tempi piu recenti. Ora infatti sulle pubbliche piazze si trovano solo le memorie dei grandi uomini.

Forum Amastriartum

Forum Amastriartum — Si trovava a sud della piazza di Şehzadebasi.

  Forum Constantini

Forum Constantini — Circondato da arcate e statue. Al centro sorgeva una colonna con una statua di Costantino il Grande i cui resti sono ancora visibili (Çemberlitaş).

  Augusteon

Augusteon — Di fronte a Santa Sofia; sotto un arco trionfale c’era un millarium in oro dal quale si dipartivano le strade che congiungevano la città con Roma. Una colonna, sormontata dalla statua equestre di Giustiniano, la sede del Se­nato e varie statue contribuivano alla magnificenza della piazza, al di là della quale sorgeva l’Ippodromo con i suoi vari edifici di cui parlerò ancora più avanti nel libro.

I Palazzi

A sud dell’Ippodromo sorgeva i palazzo sontuoso degli im­peratori bizantini. Si pensa che questo complesso di edifici avesse coperto un’area di 55 milioni di metri quadrati, stenden­dosi fino alle rive del mare, con giardini a terrazze e vari, superbi palazzi, l’ultimo dei quali era un edificio separato: il palazzo di Bucoleon. Esso era composto da numerosi e distinti edifici, come il palazzetto di Khalka, costruito da Costantino il Grande, la sala delle cerimonie di Daphné e la sala di Chrysoliklines dove era posto il trono dell’imperatore.

Come è ben noto, il palazzo dei Sultani turchi, Topkapi, fu costruito secondo gli stessi principi, vale a dire, articolato in diversi edifici, eretti in tempi diversi, sotto regni di diversi Sultani.

E’ noto che a fianco di questa grande costruzione del periodo bizantino sorgevano circa dieci altri palazzi appartenenti alla dinastia e a noti personaggi; erano situati intorno ai fori principali. I più famosi si trovavano nella zona di Blacherna dove le mura verso la terraferma scendevano al Corno d’Oro. Uno di questi palazzi, decorato con molta dovizia, era quello costruito da Emanuele Comneno. Negli ultimi giorni di Bisanzio, l’imperatore Costantino I Dragoseo vi tenne il suo ultimo con­vegno con i suoi alleati Genovesi il 28 e 29 maggio1453. Nessuna traccia rimane di questo palazzo, né è certo se la costruzione, i cui resti sono visibili a Edirnekapi, facesse parte di questo pa­lazzo.

Le Chiese

Quanto alle chiese bizantine, si reputa che durante quel periodo ne sorgessero circa 500 templi e più di 300 monasteri. Molti di questi edifici, con la crescente povertà dello Stato, andarono in rovina. Il sacco della città da parte dei Latini nel 1204 fu una causa altrettanto importante della loro decadenza.

Alcune di queste chiese furono salvate dai Turchi e tras­formate in moschee, tutiora esistenti : Santa Sofia, Santa Irene e il Monastero di Khrestos tes Khoras (Kariye Camii). Questi tre monumenti sono stati descritti in dettaglio nel contesto di questo libro.

Oltre a queste, noi conosciamo le seguenti importanti chiese tuttora esistenti in città :

  Il Monastero di Andreas An Krise, che fu trasformato nel 1489 nella Moschea di Koca Mustafa Paşa Camii (vicino alla porta di Belgrado, entro le mura che si spiegano dietro le Sette Torri).

  Studion Prodromos, la Moschea di Imrahor, dietro il castello delle Sette Torri.

  I SS. Sergio e Bacco, la moschea di Kucuk Ayasofya, sulla strada litoranea.

  Il Monastero di Akateleptos (Kalenderhane Camii) a Şehzadebasi.

  Il Monastera delle Labbra di Costantino (Fenari Isa Camii) sul viale Vatan.

    Kilise Camii (nome bizantino sconosciuto) a Vefa.

Sul lato verso il Corno d’Oro c’erano :

—. Il Monastero di Pammakaristos Meryem, che divenne la Moschea di Fethiye, nel distretto di Carsamba.

  Il Monastero di Petrion Euphymia, che fu trasformato n moschea sotto Selim II (Gül Cami).

  La Chiesa di Cristo Pantocratore , che divento Zeyrek Kilise Camii, vicino agli acquedotti di Valens.

 

Le Cisterne

Fra i particolarissimi tipi di costruzione tempi bizantini c’erano gli acquedotto e le cisterne. Fio date descrizioni minute dell acquedotto Vdi Valente e della Basilica Cisterna in questo libro. Oltre a quelli previsti dal nostro programma turistico, si conoscono anche:

  • La cisterna di Philokcenus, vicino al Foro di Costantino (la Colonna Bruciata). E’ una cisterna lunga 64 metri e larga 56 che aveva 224 colonne. Un monumento magnifico, oggi purtroppo chiuso al pubblico, che i Turchi chiamano «Binbirdirek» (Le mille e una colonna).
  • La cisterna di Ezio, a cielo aperto, vicino alla Porta di Edirne. Era lunga 244 metri e larga 80. Ospita oggi un campo di calcio.
  • La cisterna di Hagios Malkios, lunga 170 metri e larga 147, vicino alla moschea Hekimoglu Ali Paşa.
  • La cisterna di Fildami, a Bakirkòy. Un rettangolo che misura 127 metri per 76. Un vano enorme.
  • La cisterna di Aspar, nel distretto del Sultano Sel’m, con un’area di 152 metri quadrati.
  Aspetto fisico della Istanbul turca

Tutti gli scrittori del tempo sono concordi nell’affermare che la città era virtualmente caduta in rovina quando passo in mano ai Turchi. Clavigo, che giunse a Istanbul nel 1403, scrive che la città era vuota e le porte di Santa Sofia erano crollate a terra; Buondelmonti scrisse, fra il 1420 che la chiesa degli Apostoli era diventata un rudere e ie cisterne venivano usate come vigneti; Bertrandon de la Broquière attesta che nel 1433 la città era completamente deserta.

Dopo la conquista, il primo problema architettonico fu quello di riparare le mura. Fatih (Maometto il Conquistatore) ordino la costruzione di un palazzo sul lato del Foro di Teodosio che guarda sul Corno d’Oro e una fortezza interna (la casa del tesoro) dentro al Castello delle (Yedikule) Sette Torri. Al completamento di questi edifici, quattro anni dopo, la capitale fu trasferita da Edirne a Istanbul. Come conseguenza immediata a questo trasferimento, nella città si ebbe l’edificazione delie prime moschee e dei primi monumenti tombali a Eyüp, dove si credeva fosse sepolto il gonfaloniere del Profeta.

Al contrario della tradizione bizantina, la città cominciò a espandersi e a svilupparsi sul Corno d’Oro, a Galata, Uskudar e sul Bosforo. Non si può fare a meno di rilevare in ciò l’influ­enza delle prime tradizioni turche in fatto di insediamento e dell’amore per la natura derivante dallo spirito nomade di quelle popolazioni.

Un documento del tempo attesta che in città sorgevano 8951 case appartenenti ai Turchi, 3151 in proprietà ai Greci, 1647 appartenenti a Ebrei e 1048 ad altri gruppi etnici, insieme a 3667 negozi. A Galata c’erano 535 case di proprietà turca, 572 greche, 332 franche, 62 armene e 260 negozi. Durante il periodo di Fatih la popolazione si aggirava intorno alle 120 mila unità. Fatih accolse nella capitale sessantamila persone e diede loro la cittadinanza.

Come considerazione generale, colpisce il notare che le funzioni essenziali assolte dalle varie importanti aree della città ai tempi turco-islamici erano le stesse ricoperte nei tempi antichi e nella Costantinopoli bizantina: i palazzi continuarono a essere costruiti nella zona della penisola dove sorgeva l’Acropoli. La Agora restava la pubblica piazza dei tempi bizantini;

lo stesso era per l’Augusteon e per l’area di fronte a Santa Sofia. Il porto di Neorion era ancora chiamato con Io stesso nome nel dodicesimo secolo e fu usato anche dagli Ottomani.

Li che può essere considerato il risultato naturale della loro ubicazione topografica appropriata alle loro funzioni. Alcuni sostengono che fu per caso; altri per destino, ma in ogni modo gli Ottomani sistemarono i loro edifici amministrativi sulla col­lina dove sorgeva Io «Strategion» (Babiali, la Porta Sublime) e oggi il Governatore di Istanbul opera in quello stesso luogo.

Come nell’antichità, il commercio si svolgeva sulle rive del Corno d’Oro. I mercati di farina, legno e pesce continuarono le loro funzioni negli stessi luoghi.

Al tempo di Maometto il Conquistatore venne costruito l’Ic Bedesten, nucleo interno del Gran Bazar.

Secondo i dati riportati nei gran libro dell’architetto Ekrem Hakki Ayverdi, alla fine del quindicesimo secolo c’erano circa trecento scuole, medresses (scuole-moschea), terme e altri edifici pubblici e servizi sociali. Ma il primo grande monumento della civiltà turca nella città fu la Moschea di Fatih circondata da un immenso complesso comprendente l’ospedale, la cucina e il refettorio per i poveri, le istituzioni culturali tra cui un’univer­sità. Questa istituzione, sulla quale abbiamo dato dettagliate informazioni nel luogo adatto, aggiunse all’orizzonte della città i suoi primi imponenti minareti e cupole. La Moschea di Fatih venne edificata nel perimetro dell’antica chiesa degli Apostoli, cioè la chiesa di Costantino, e la tomba di Fatih ebbe sede accanto a quella dell’imperatore bizantino. Fu questo un evento notevole e significativo.

Arnold von Harff, nel 1496-1497 descrive Istanbul come una grande città.

Sul Bosforo i primi Turchi cominciarono a insediarsi dentro e intorno ai castelli di Rumeli Hisari (il «Castello d’Europa») e di Anadolu Hisari (il «Castello d’Anatolia»),

Agli inizi del sedicesimo secolo, il complesso di edifici pubblici (kulliye) di Beyazit II venne construito sul e intorno al Forum Tauri. Più tardi, ma sempre nel sedicesimo secolo, nell’- innalzare i complessi di Selim I (1522), Şehzade (1544-1548) e Suleymaniye (1550), i Turchi rivelarono la tendenza a erigere edifici monumentali sulle colline soprastanti il Corno d’Oro, in contrasto con l’uso bizantino. Ancora, durante il regno di So­limano il Magnifico, l’area lungo il viale fra piazza Beyazit e le mura venne occupata da grandi moschee, come quella co­struita in onore della figlia di Solimano (Mihrimah) all’ingresso della mura di Edirnekapi e da costruzioni più piccole in mezzo. Un tempo, la zona cittadina più densamente popolata era il lato che si affacciava al Corno d’Oro. Là sorgeva il trenta per cento degli edifici religiosi. Con l’erezione della Moschea Blu, agli inizi del diciassettesimo secolo, l’impronta turca della città e il suo panorama furono completi e questo aspetto non è oggi mutato.

Nel sedicesimo secolo, con questi capolavori architettonici che coronano le colline, l’impero ottomano, sotto l’egida di So­limano il Magnifico, raggiunse il suo massimo splendore e co­nobbe la sua epoca più brillante; la città assunse une fisionomia di abbagliante fulgore. Fuori le mura, gli insediamenti di Eyup, Kasimpaşa, attraverso il Corno d’Oro, e più tardi quelli di Galata divennero densamente abitati. Dietro Galatasaray, al di là delle mura di Galata, cominciarono ad allinearsi le sedi delle ambasciate straniere, edificate sui declivi che si affacciano sul Marinara, e da allora in quella zona sorse un quartiere di abi­tazioni europe.

 

Il movimento di insediamenti esterni, verso il Bosforo, era cominciato già ai tempi di Solimano. L’arsenale di Tophane, fon­dato da Fatih, venne ampliato. Al di là di esso si stendevano giardini e frutteti e, più avanti, dopo alcuni casamenti sulla riva del mare (yali’s), sorgeva il grosso quartiere di Beşiktaş dov’era agli ormeggi il più largo pontone per traghettare sulla riva op­posta. Proprio di lì salpava anche la flotta per le sue crociere.

Donde il fatto che laggiù venne eretta la tomba del grande ammiraglio Barbarossa.

All’epoca di Solimano sul Bosforo, a Cengelköy, Kandilli, Çubuklu e Beykoz, si allineavano le residenze estive. I villaggi greci sorgevano a Ortaköy, Arnavutkòy, Bebek, İstinye e, attra­verso il Bosforo, a Kuzguncuk e Cengelköy. Nel sedicesimo secolo, fra Istanbul e Usküdar funzionava un servizio regolare di traghetti dolmus (caicchi). C’è pertanto una tradizione die­tro le automobili dolmus che sono state introdotte nel traffico congestionato della Istanbul odierna.

Ancora dei tempi di Solimano è l’espansione di Usküdar; grazie alla grande arteria per Bagdad, essa si estese verso l’interno. Sulle rive del mare, la figlia di Solimano fece innal­zare il grande Iskele Cami. Kadikòy invece non conobbe un simile sviluppo. In conseguenza del continuo incremento de­mografico si prospettò in quel tempo il problema del riforni­mento idrico, per cui vennero allestite quelle grosse cisterne descritte altrove in questo libro.

Ai tempi di Beyazit II i gravi danni arrecati alle costruzioni in pietra dai terremoti e la tradizione nomade che faceva pre­ferire le costruzioni in legno orientarono il gusto per questo tipo di edilizia. Sebbene questa tendenza prevalente, continuata fin quasi ai giorni nostri, abbia prodotto molti capolavori architettonici, per la loro natura essi non sono stati in grado di resistere alle usure del tempo.

Il diciassettesimo secolo fu il periodo che conobbe un arresto nella costruzione di grandi edifici monumentali. Nel corso del secolo, Galata comincio ad assumere un’impronta turca. L’area fuori delle sue mura, fra il Tunnel e Galatasaray, cominciò a popolarsi; là sorse nel 1581 l’ambasciata francese. Nel 1628 fu concessa la costruzione della Chiesa di San Luigi. Le strade fra il Tunnel e Galatasaray vennero aperte sul finire del diciassettesimo secolo ma il terreno circostante, come noto, era disabitato o adibito a cimitero.

Durante il regno di Maometto IV il palazzo Beşiktaş subì dei notevoli ampliamenti mentre, nel corso del secolo, le resi­denze estive dell’aristocrazia, che si stendevano in una linea lungo le rive del Bosforo e conosciute come yali’s, aumentarono a dismisura.

Le linee di comunicazione intorno alla città vennero estese o potenziate per via d’acqua. Per questo motivo, i luoghi dove non era possibile l’installazione di pontili, per esempio lungo le ripide scogliere fra Usküdar e Haydarpaşa, non divennero fittamente abitate. Il Corno d’Oro, uno dei più bei porti naturali del mondo, ospitò moltissimi impianti commerciali. Molte lo­calità sulle sue rive portano oggi i nomi di quegli stabilimenti, come Unkapanı («Deposito di farina»), Hasir iskelesi («Sbarco dei vimini»), Yemiş iskelesi («Porto della frutta») e Odun Kapisi («Porta della legna da ardere»)

Galata divenne l’emporio commerciale per le merci in transito dall’Oriente per l’Occidente.

A partire dal diciassettesimo secolo, la città aveva comple­tamente assunto il suo aspetto orientale. Poiché le genti turche, detentrici di una tradizione di magioni spaziose, circondate da giardini e tempietti con ampi cortili, erano estranee alle antiche tradizioni estetiche delle città classiche, con i loro viali e piazze pubbliche, quei viali e quelle piazze romane vennero eliminati e colmati di case. Le stratte avevano l’ampiezza giusta per consentire il passaggio tanto alla gente a cavallo che ai pedoni. Per la città predominò lo stile di costruire le case in legno colorato. Tutti i viaggiatori occidentali concordano nel descri­verla di una bellezza senza pari, incastonata tra il suo porto e l’entroterra, ma molto sporca all’interno. La ragione di ciò è da attribuirsi al punto di vista orientale seconda cui ogni tenda, casa o palazzo costituiscono un tutto a sé. E’ del tutto assente alla civiltà orientale la concezione di una disciplinata vita sociale che implica la città classica con i suoi servizi comuni. Come ogni casa, ogni palazzo rappresenta una unità costruita separatamente, completa in sé e per sé. La tradizione nomade non riconosce la disciplina e la cultura di una città dove le case formano insieme un tutto organico.

Gli intenti pacifici dell’Impero ottomano nel diciottesimo secolo inaugurarono l’era della poesia e della coltivazione dei fiori, nota come il Lale Devri («Periodo del tulipano»), promuo­vendo anche opere pubbliche che contribuirono a caratte­rizzare la fisionomia della città. A Istanbul vennero introdotti gli stili architettonici dei periodi Luigi XIV e Luigi XV dell’­Occidente. Kagithane (all’estremità interna del Corno d’Oro) fu adornata con il complesso Sadabad, iniziato nel 1721-22, e costituito da banchine di marmo, canali d’acqua che si ad­dentravano all’interno, ponti, specchi d’acqua, abitazioni di legno magnificamente colorate. Il Corno d’Oro e il Bosforo, fino a Bebek, erano tutta una fila di ricche case affacciate sull’­acqua. Il gran visir, Nevsehirli ibrahim pascià, introdusse l’uso della pittura ad acqua o con colori a pastello di queste case eminentemente di legno, e per dieci anni il Bosforo si vide trasformato in un autentico giardino di magnolie. Di queste gemme architettoniche del sedicesimo, diciassettesimo e di­ciottesimo secoli non sopravvive oggi un solo esempio, con l’eccezione della Amcazade Yalisi a Kanlica. Lady Mary Whortley Montagu descrive il palazzo del sultano Ayse a Usküdar come un edificio di eccezionale bellezza. Nello stesso periodo Istanbul fu arricchita di fontane monumentali, dietro Santa Sofia, sulla piazza di Üskudar e in molti altri luoghi.

Sotto Mustafa I furono eretti gli ultimi monumenti architettonici classici turchi: il grande Hekimoglu Ali Paşa Camii e la Biblioteca. In questo periodo vennero aggiunte ai tesori architettonici della città le prime grandi moschee costruite sotto l’influenza europea: Nuruosmaniye (barocca) e la Laleli Camii (eclettica). In seguito, l’erezione della moschea di Beylerbeyi sul Bosforo da parte di Abdulhamit I, della moschea Yeni Valide del Sultano Nurbanu a Üskudar, della Ayazma posta in cima alla collina di Üskudar da Mustafa III e della moschea Selimiye, edificata agli inizi del diciannovesimo secolo, stabilirono la tendenza a costruire grandi moschee sulla riva asiatica che, dal diciottesimo secolo, acquistò anch’essa un profilo di cupole e minareti.

L’espansione di Üskudar verso Kadiköy avvenne dopo che Selim III, nei primi anni del diciannovesimo secolo, fece in­nalzare i grandi padiglioni noti con il suo nome al posto di un palazzo che aveva demolito. A Fenerbahqe, inoltre, sorgevano numerosi splendidi giardini, un palazzo e un faro.

Oltre Galata, sul finire del diciottesimo secolo, la via Tunnel venne estesa fino a Taksim mentre i pendìi del Cihangir vennero collegati alle spiagge di Tophane. Una fotografia scattata presumibilmente durante la guerra di Crimea (metà del diciannovesimo secolo) ritrae la zona di piazza Taksim completamente vuota e incolta.

Fu nel diciottesimo secolo che per la prima volta nell’­Impero Ottomano si pose ascolto alla necessità di riforme; le prime riguardarono l’esercito apportando a Istanbul un nuovo tipo di costruzioni: i capannoni costruiti secondo i criteri occidentali. Durante questo periodo vennero aggiunti al volto della città gli enormi edifici di Selim III a Tophane e Üskudar, i capannoni Kalyoncu a tre piani costruiti da Cezayirli Hasan Pascià, vizir sotto Abdulhamit I, i padiglioni Topcu («canno­nieri») impiantati a Taksim da Halil pascià nel 1780 e i grandi capannoni Humbarahane edificati da Selim III a Halicioglu, al di là di Eyüp.

 

Dal grande album dell’artista Melling, che visse a Istanbul sotto Selim III, ci è dato conoscere tutte le restanti componenti della città. Ai suoi margini (salvo che per il padiglione Mecidiye del diciannovesimo secolo), la configurazione attuale delle alture del Serraglio Topkapi era completa. Sull’altro lato la spiaggia accanto al Serraglio non era vuota come oggi. Uno dopo l’altro, in fila, bei chioschi e palazzi colmavano la linea della spiaggia senza interruzione. Sulla riva fuori delle mura del Serraglio sorgevano parecchi chioschi mentre lo spazio fra la spiaggia e il complesso di edifici soprastanti era occupato da giardini e da boschi. Yedikule («Le sette torri») era allora uno splendido castello ancora coronato di tetti conici. Di fronte al porto di Eminönu sorgeva il lindo, squadrato giardino di Yeni Carni che si affacciava su piccole costruzioni a tettoia, centinaia di barche a remi e a vela, e alberi. Il Corno d’Oro era diventato una zona densamente popolata. Sulle rive di Galata, oltre Hasköy, invece, le abitazioni non andavano più in là della linea d’acqua. I pendii erano coperti di foreste. Da Kasimpaşa a Galata le colline erano un grande cimitero. Sui fianchi di Galata che si affacciano sul Bosforo e sui margini di Findikli e di Tophane si costruivano le sedi delle ambasciate. Da Taksim in avanti si stendevano zone ancora rurali e disabitate.

Il Bosforo si sviluppava lungo la spiaggia. Solo pochi villaggi, come Arnavutköy e Anadoluhisari, si erano dispiegati in direzione delle alture.

Sia sul Bosforo che in città molte case presentavano un tipo di costruzione del tutto diverso da quello dei secoli successivi. Seguendo l’esempio architettonico dell’Anatolia, esse avevano un piano terra massiccio e chiuso con muri pieni, sopra i quali c’erano uno o due piani di legno. Solo il Serraglio e le grandi case avevano un piano terra abitabile, con finestre e normalmente forniti.

Il famoso maresciallo tedesco von Moltke, che operò con l’esercito turco al tempo di Maometto II, primo dei grandi sul­tani riformatori, fu oltremodo interessato al miglioramento della pianificazione urbanistica di Istanbul. La sua mentalità occiden­tale vide come prima necessità quella di aprire arterie per il traffico e richiese strade ampie quattordici metri. Ma il suo desiderio non potè realizzarsi: la maggiore larghezza approvata nel 1843 era di sette metri.

Il primo ponte che unisce le due rive del Corno d’Oro fu aperto, solo per i pedoni, da Maometto II, nel 1836, nel punto in cui oggi sorge il ponte Ataturk. Abdulmecit I, con tutto il fasto della sua corte ufficiale, si trasferì nel palazzo di Dolmabahçe, sulla riva del mare, una costruzione ultimata nel 1856 in stile Impero. Sotto il regno dello stesso sultano ini­ziarono nel 1845 i lavori per la costruzione del ponte di Galata. Nei primi anni del regno di suo fratello Abdulaziz, il Topkapi venne danneggiato dal fuoco, ma la prima seria distruzione avvenne in seguito ai lavori per la ferrovia Edirne Istanbul nel 1874. Il tracciato della linea venne fatto passare in quel punto per espresso desiderio del Sultano e gli edifici lungo la spiaggia, uno più bello dell’altro, furono demoliti. Istanbul perciò perse una delle più importanti componenti del suo panorama e uno dei suoi angoli posso come un sogno nella sua storia.

Il primo natante a vapore di Istanbul fu comprato dal Sul­tano nel 1829. Nel 1838 i primi piroscafi scesero dagli scali dei cantieri della città. Prima, i viaggiatori venivano trasportati da navi inglesi e russe. Nel 1844 due traghetti a vapore entrarono in servizio sul Bosforo. Nel 1850 fu fondata una compagnia nazionale che cominciò a esercire con sei piroscafi. Così, al panorama di Istanbul si aggiunsero i tipici traghetti a vapore con le pale laterali.

La sotterranea («Tünel»), in servizio da Galata (e che esiste tuttora), venne iniziata nel 1871 e inaugurata nel 1875. Nella zona di Beyoglu, la città stava assumendo in qualche modo l’aspetto di una metropoli europea del tempo.

 

Nel 1839 alle strade di Istanbul venne dato un tocco di esotico e di pittoresco: i tram a cavalli! Con un cursore scalzo che li precedeva per tenere libera la strada, i tram a cavalli presero a correre lungo le strette vie.

Nel 1874, a Dolmabahce venne installato il gasometro e le principali vie della città poterono così essere illuminate con eleganti lanterne su lampioni di ferro, nello stile della Parigi del tempo. Gli esemplari più belli di quelle lanterne si possono ancora vedere nel cortile del Museo Archeologico e nel giardino del palazzo Dolmabahce. Quanto ai lampioni, gli stessi sono stati innalzati nelle piazze di Sultanahmet e di Şehzadepasa ed elettrificati.

 

Prima di allora le vie cittadine non erano illuminate. Nelle case si accendevano lampade a stoppino, alimentate da olio d’oliva o cera d’api. Alla metà del diciannovesimo secolo, questi lucignoli vennero integrati da candele colorate di provenienza europea. Quando si doveva uscire per le strade, era necessario portare una lanterna. Queste lampade erano costituite da un’­armatura di ottone che sosteneva il cristallo; al posto del vetro venivano usati talvolta il cuoio sottile o la carta cerata e decorata. L’arte di fabbricare lanterne divenne a Istanbul una attività molto diffusa e raffinata.

Nel 1855 lungo le rive occidentali fu stabilita una Munici­palità. Intorno al 1865, con l’ampliamento di via Divanyolu venne intrapresa la prima importante operazione di sistemazione ur­banistica. In seguito a ciò, nel 1870 trovò sede la piazza Beyazit. Agli inizi del ventesimo secolo venne bruciato un mas­siccio edificio vicino a Santa Sofia, in stile neoclassico, comin­ciato al tempo di Abdulmecit dall’architetto svizzero Fossati (il restauratore di Santa Sofia) e che da anni deturpava il panorama della città.

Nel 1853 Abdulmecit fece erigere il palazzo d’estate Kücuksu, incastonato sulla riva asiatica del Bosforo come una perla di ghiaccio. Seguendo il suo esempio, il fratello aggiunse nel 1865 il grande palazzo Beylerbeyi. Il palazzo Çiragan, costruito dallo stesso sultano fra Beşiktaş e Ortaköy nel 1874 fu, finché non andò a fuoco nel 1911, l’edificio più ricco e splendido della città.

Lo stesso sultano eresse in piazza Beyazit gli ingressi monumentali dell’attuale università in uno stile misto indoiraniano. Lo stile classico turco era stato dimenticato e i capomastri che lo conoscevano bene erano tutti scomparsi. A destra e a manca cominciarono invece ad apparire edifici religiosi ispirati dall’influenza europea. Il Valide Camii, vaga­mente neogotico, impose la sua impronta su Aksaray nel 1871. In periferia, prossimo alle mura di Fatih, sorse nel 1851 l’Hirkaişerif Camii. Sotto Abdulaziz sorsero i capannoni Taksim, l’arsenale Maçka (ora Facoltà di Mineralogia), il Taskişla (il Politecnico), i capannoni Gümüşsuyu (ora l’ospedale militare, proprio sopra Dolmabahçe).

Alla fine del diciannovesimo secolo, durante il regno di Abdulhamit, su consiglio di un ingegnere francese, fu aperto il viale che va da Beyazit a Aksaray, e Yenikapi, sul Mormo­ra, venne unita a Unkapanı, sul Corno d’Oro.

Al tempo di Abdulhamit, le più importanti modifiche alla fisionomia della città furono gli impianti ferroviari. Come con­seguenza della politica tedesca di «apertura verso l’Oriente», e sotto le spinta esercitata dalla visita del Kaiser, sorse nel 1887 la stazione ferroviaria Sirkeci, in un misto di stili architettonici (Si tratta dell’edificio che si trova dietro l’attuale facciata della stazione). Nel 1909 la stazione Haydarpaşa, in stile tedesco neo-rinascimentale, andò ad adornare il profilo della riva asiatica. Nel 1895 furono costruiti il porto e le banchine di Galata; si tratta degli impianti che chiudono la spiaggia fra la nuova Yolcu Salonu e Tophane. In quel punto la bonchina è lunga 750 metri. Una banchina ancoraggio di metà grandezza venne costruita nel 1900 a Sirkeci (sul luogo del porto bizan­tino); talché la fila di edifici che si sussegue dal terminale del ponte su Eminonu fino ai lembi del Serraglio Topkapi, potè essere eliminata nel 1967 per conferire attrattiva alla strada litoranea e al pontile del traghetto, ora aperti al traffico.

Come ovunque nel mondo, a cominciare dal diciannove­simo secolo, la tecnologia assunse anche a Istanbul la sua preminente importanza. Vediamo così che i grandi edifici non erano più quelli religiosi ma i capannoni, le banche, le ambas­ciate, i palazzi, tutti in funzione profana. Comunque, un processo distruttivo del diciannovesimo secolo fu l’industria­lizzazione del Corno d’Oro. Nel 1828 una fabbrica di corde e una di fez infersero il primo colpo alle case deliziose e ai giardini fioriti che si allineavano lungo la spiaggia interna, da Unkapanı. Numerosi palazzi del Sultano dovettero essere demoliti per fare posto a queste costruzioni. Fu questo un periodo in cui l’economia turca, al fine di non essere schiac­ciata sotto la pressione dell’industria pesante europea in es­pansione, si sforzava di passare dall’artigianato all’industria. Sotto la spinta di un tale desiderio e nella tensione dello sforzo, le considerazioni estetiche furono sacrificate alla tecnologia. Ma i crescenti successi della politica economica europea con­dussero all’imposizione dell’industria occidentale: lo scopo turco non fu raggiunto e il panorama rimase deturpato. Da allora queste spiagge sono state abbandonate alla piccola industria incontrollata e si determinarono le linee di quel pa­norama sgradevole e brutto che oggi vediamo.

Nella città, che ancora conserva un’atmosfera orientale e un carattere turco, affiorarono di tempo in tempo imprese ed edifici pseudoeuropei: nel 1863 fu sistemata in piazza Sultanahmet una mostra industriale che aveva una costruzione in ferro di tipo europeo, simile a un hangar per aerei.

Nel 1882 ebbe sede nel parco Gulhane il Museo Archeo­logico, eretto in uno stile neo-ellenico. Siccome a quel tempo il parco non era altri che i giardini del Serraglio, il Museo impose la sua atmosfera a questa area, provocando un forte contrasto col chiosco Qinili, del quinto secolo, che c’era in mezzo.

Sotto il regno di Abdulhamit, Galata e Beyoglu, ossia le vie Bankalar e Istiklal (quest’ultima allora chiamata Pera), vennero arricchite di molti pregevoli esemplari di architettura europea del diciannovesimo secolo. Insieme a quelli del Palazzo, dovuti all’architetto Raimondo d’Aronca, esistono ancora opere di architetti del valore di Vallaury, Barborini e Perpignani. Barborini progettò l’ufficio distaccato della Municipalità, in testa a piazza Siş hane (dov’è il terminal delle Linee Aeree Turche). Fu eretto al tempo del primo sindaco della città, Blacque Bey. Il bell’edificio che gli sta accanto, in pietra squadrata e con le imposte di legno, è opera di Vallaury, che fu anche l’archi­tetto dell’Unione Francese, più avanti nella via, della banca ottomana, dietro Yeni Cami, e della sede del Duyunu Umumiye (Debito Pubblico), a Cağaloglu. Siccome questi due ultimi edifici si affacciano su Stambul, l’architetto si adoperò a conferire loro alcune linee stilistiche orientali.

 

Al tempo del Sultano Mehmet Reşat, ossia alla vigilia della prima guerra mondiale, gli architetti Vedat Bey e Kemaleddin Bey tentarono in vari modi di fondere l’architettura clas­sica ottomana con le ultime esigenze dei tempi. Fra gli esempi, non pienamente riusciti, di questo nuovo stile sono il Buyuk Vakif Han, dietro piazza Eminönu, e l’ufficio centrale delle poste a Sirkeci.

Durante il regno di Abdulhamit sorse un complesso di edifici a forma di castello sugli spazi boscosi del palazzo Yildiz.

 

Sebbene la prima linea tranviaria avesse raggiunto Şişli nel 1913, la zona oltre i capannoni Taksim era allora intera­mente occupata da giardini mercato. Sulla sinistra della strada c’era un cimitero armeno.

Agli inizi della prima guerra mondiale la zona compresa fra Kadiköy e Haydarpaşa, nonché il quartiere di Moda, ven­nero completamente sistemati. It servizio dei piroscafi aveva dato una nuova vitalità alle isole

La campagna fuori le mura di Istanbul rimase un’area depressa fino agli anni di mezzo della Repubblica. Negli anni trenta, si potevano scalare le mura e vedere orti e frutteti estendersi a grande distanza; il senso del passato era reso intenso dal panorama pastorale e dalla calma della natura.

La seconda guerra mondiale trovò Istanbul con la fisio­nomia e l’aspetto generale che qui sono stati descritti. Durante il conflitto, il governo repubblicano perseguì una razionale po­litica urbanistica. In questo periodo, tutte le recenti costruzioni che avevano invaso lo spazio antistante la Yeni Carni na­scondendola alla vista, furono rase al suolo e venne operta l’attuale piazza Eminönu. La costruzione del viale Atatürk, che va da Unkapani al Marmara (e che implicò lo spostamento di non pochi quartieri), passando sotto gli archi dell’acquedotto di Valente ha fatto di questo monumento storico una parte del tracciato della principale arteria cittadina. L’abbattimento dei capannoni risalenti al diciannovesimo secolo, in piazza Taksim, la sistemazione della piazza nella sua forma attuale e la co­struzione sul suo retro, del Salone delle Esposizioni e dello Sport e di un teatro all’aperto, sono le altre opere pubbliche dello stesso periodo. Le fondamenta del Teatro dell’Opera furono poste nel 1946 e, dopo un lungo periodo di abbandono, i la­vori furono finalmente portati a termine nel 1969, ma il teatro bruciò una sera d’inverno del 1971.

 

La città conobbe il suo secondo grande periodo di rinno­vamento urbanistico dell’epoca repubblicana negli anni 1956- 1959. I grandi progetti urbanistici intrapresi dall’alloro primo ministro nel quadro dei suoi obiettivi politici, se da un lato offrirono alla città quelle trasformazioni e quegli sviluppi da molto tempo sentiti, dall’altro, poiché mancarono di essere fondati su di una ben studiata politica di piano e su di una accurata preparazione, provocarono la scomparsa di molte vedute pittoresche. Nell’àmbito di questa iniziativa, con l’e­spropriazione di molti vecchi quartieri, i due grandi viali di oggi (Vatan e Millet) vennero prolungati fino alle mura sulla terra­ferma. Dove quelli incontrarono le mura, queste furono aperte e restaurate. Per la costruzione della strada che da Karaköy corre lungo il Bosforo, vennero rimossi molti isolati che ostrui­vano la spiaggia. Fu aperto il viale che da Besiktaş conduce sulle alture di levante e così pure l’arteria principale che va dalle alture del Bosforo superiore a Şisli, con vie laterali in discesa fino a İstinye, Tarabya e Büyukdere.

Anche dopo la seconda guerra mondiale le agitazioni in­terne del Paese, le condizioni dei contadini privi di terra, la meccanizzazione dell’agricoltura nelle grandi fattorie e altre simili cause economiche, unitamente a spinte irrazionali come quella per la libertà e la mancanza di responsabilità che in­sorse in una vita politica multipartitica, provocarono un flusso emigratorio dai villaggi alla città, che ebbe i suoi effetti a Is­tanbul. La città crebbe fino a superare i quattro milioni di abitanti. Ai quali si aggiunsero più di trecentomila rifugiati turchi, costretti a emigrare dai Paesi balcanici, che si sistemarono in quartieri di baracche, in un primo tempo ubicati nei distretti rurali, principalmente fra le grandi arterie che conducono alla città e il Mormora, nelle vicinanze di Eyüp, sulle alture fra Şişli e il Corno d’Oro, e qua e là sulle colline che sovrastano il Bosforo.

Con questi fattori negativi concludo, verso la fine del ven­tesimo secolo, il mio profilo di questa straordinaria città che conta ventisette secoli di storia.

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