Palazzo Topkapı-Storia, Ingresso, Mappa, Migliore Guida

Frutto della sua conquista di Costantinopoli, Maometto II  costruì Topkapı Sarayı come sua residenza principale tra il 1460 e il 1478. Lo progettò come una serie di padiglioni in quattro cortili.Il palazzo di Mehmet era anche la sede del governo, e aveva una scuola di specializzazione per la formazione di funzionari e soldati. Dopo il governo attraversò dall’altra parte della strada(Viale Divan)  Sublime Porte nel 16 ° secolo,ma Topkapı continuò come palazzo di sultano fino ad Abdül Mecit si  transferì al Palazzo Dolmabahçe nel 1856.

Contenuti

Mappe

Palazzo Topkapı su Mappa(Google Maps)

Posizioni di tutti i monumenti storici su piudistanbul.com sulla mappa (Google Maps)

Ingresso e Orari
Palazzo Topkapi (Topkapı Sarayı)

Estate: 1 aprile – 2 ottobre, aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 18:45.

Inverno: 2 ottobre – 1 aprile, aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 16:45.

Ultimo ingresso e chiusura della biglietteria: 45 minuti prima dell’orario di chiusura.

Chiuso il martedì, 1 gennaio, 23 aprile, 3 ° giorno della festa del sacrificio, 29 ottobre.

Il primo giorno delle festività religiose, il museo apre alle 13:00.

Prezzo del biglietto: 72 TL (escluso The Harem).
Si accettano contanti e carte di credito.
Istanbul Museum Pass è valido qui.
Bambini fino a 8 anni: gratuito (verifica necessaria).

Harem in Palazzo Topkapi

Estate: 1 aprile – 2 ottobre, aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 18:45.

Inverno: 2 ottobre – 1 aprile, aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 16:45.

Ultimo ingresso e chiusura della biglietteria: 45 minuti prima dell’orario di chiusura.

Chiuso il martedì, 1 gennaio, 23 aprile, 3 ° giorno della festa del sacrificio, 29 ottobre.

Il primo giorno delle festività religiose, l’Harem apre alle 13:00.

Prezzo: 42 TL
Puoi entrare all’Harem acquistando un biglietto aggiuntivo per il biglietto del Palazzo Topkapi. Il biglietto è disponibile solo presso la biglietteria accanto all’ingresso dell’Harem. Si accettano contanti o carte di credito.
Bambini fino a 6 anni: gratis (documento d’identità richiesto).
La Istanbul Museum Pass Card non è valida qui.

Istanbul Museum Pass – Ingresso ai musei e moschee

Edifici e le parti
Bab-i-Humayun  Porta Imperiale(Cancello della Maestà)

La prima parte esterna del Palazzo alla quale arriviamo è chiamata Bab-i-Humayun o Porta Imperiale; venne innalzata nel 1459, sei anni dopo la Conquista.

Dopo il vittorioso ingresso nella città, il giovane Conqui­statore Mehmet il si ritirò a riposare nel Vecchio Serraglio del tempo, che oggi è l’Università di Istanbul, a Beyazit; non si trasferì a Topkapi fino a qualche tempo dopo, quando cioè il Palazzo fu completamente finito. Questa porta perciò, che risale al regno dei Conquistatore, costituisce di per sé una costruzione separata, con due stanze da letto a cupola ai lati, due dispense, un mezzanino raggiunto tramite una scalinata, tre posti dì guardia e due latrine.

Questa sezione esterna della residenza del Sultano venne chiamata «Kapicilar Ocagi»; veniva aperta all’ora della pre­ghiera mattutina e chiusa dopo quella della sera.

All’interno, nel punto chiamato «Kubbealti» (Sotto la Cupola, si riunivano ogni martedì i funzionari dello Stato. Era quello il giorno dedicato alle deliberazioni.La gente  che aveva da trattare con uno degli uffici governativi, i mercanti e negozianti che avevano parenti in servizio all’interno del Palazzo, dovevano annunciare la loro identità in anticipo e spiegare lo scopo della  loro visita.

Questa porta d’ingresso al Serraglio fu testimone di importanti avvenimenti, alcuni dei quali sanguinosi, nella storia ottomana. Uomini di Stato, alti personaggi dell’Impero vi furono giustiziati; governatori di province imperiali furono impiccati; le teste staccate dei capi di rivolte vennero esposte su queste mura esterne.

I Visir, gli uomini dotti, gli ambasciatori stranieri in visita a Palazzo, per arrivare alla seconda entrata, potevano pas­sare attraverso la porta sia a piedi che a cavallo. Il turista, oggi, come l’ambasciatore e il Visir, può fare lo stesso, con la differenza che può usare la sua automobile!

Dopo aver attraversato la Bab-ı Humayun, giungiamo a uno spiazzo noto come il Primo Cortile del Palazzo, in fondo, vediamo la Seconda Porta, chiamata Porta di Mezzo o Bab-us Selam (Porta dei Saluto).

Prima Cortile del Palazzo
SANTA IRENE-AYA İRİNİ

Notevole, sulla sinistra della piazza, è la Chiesa di Santa Irene, di costruzione e stile bizantini. Fu infatti la prima chiesa cristiana che essi eressero nella città. Quando Costantino il Grande prese possesso di Bisanzio, ampliò questa chiesa; gli scavi hanno rivelato che il tempio, prima di essere dedicato a Santa Irene, era un luogo sacro al culto di Afrodite o di qualche altra deità romana. Nell’interno della chiesa c’è un affresco in bianco e nero attribuito all’era precristiana e che risale probabilmente al primo secolo d. C. mentre certi disegni sulla porta appartengono al dodicesimo secolo a. C. essendo uno di essi di origine frigia. Fino al 360 questa chiesa di Costantino fu la cattedrale della città. A quella data, con la costruzione di Santa Sofia, i due luoghi sacri, congiunti dal cortile comune, costituirono la Grande Chiesa che ebbe il titolo di «Megalo Ecclesia».

Nel 331, regnante Teodosio, vi si riunì il secondo Concilio Ecumenico. In seguito alla rivolta di Nika, nel 532, sia Santa Irene che Santa Sofia furono devastate dal fuoco; successi­vamente, Giustiniano ricostruì Santa Sofia e l’ampliò fino a farla diventare la più grande delle chiese esistenti. Nel 740 ulteriori migliorie accrebbero le dimensioni del tempio.

Quando i Turchi presero la città, non trasformarono Santa Irene in una moschea ma, sfruttando la sua vicinanza al Palazzo, l’impiegarono a lungo come deposito d’armi. Verso la fine del diciannovesimo secolo, Fethi Ahmet Pascià, che fu ambasciatore della Porta Sublime presso la corte di Luigi Fi­lippo di Francia, depositò alcuni antichi reperti nella chiesa facendola così diventare il primo museo archeologico.

In base alle ordinanze della Repubblica, Santa Irene fu destinata a Deposito Militare ma nel 1946 questa funzione ebbe termine e la chiesa venne sottoposta a radicali restauri.

Santa Irene ha la forma di una basilica a cupola. Ci sono due file di colonne e tre navate, di cui la centrale è due volte più grande delle altre due. Ci sono gallerie sopra l’abside e il «Narthex», e l’abside semicircolare contiene molte file di panche per l’uso dei fedeli; due persone sedute agli estremi opposti potrebbero conversare senza alcuna difficoltà a bassa voce. Il che dimostra le ideali condizioni acustiche per seguire i canti liturgici della funzione religiosa.

Santa Irene ha due cupole : una poggia sui pennacchi da­vanti alla navata, l’altra fra il «Narthex» e il Cupolone.

Nel corso degli ultimi anni, due resti bizantini furono sco­perti nel primo cortile del Palazzo di Topkapi. L’uno fu messo alla luce durante i lavori di costruzione dei nuovi edifici del Museo Archeologico. Si trattava di una grande cisterna, di 50 m per 30 in, risalente al V secolo d.C. Il secondo ritrovamento ebbe luogo in prossimità della cisterna medesima, durante gli scavi dell’aprile 1975.

Ingresso a Santa Irene

Estate: 1 aprile – 2 ottobre, aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 18:45.

Inverno: 2 ottobre – 1 aprile, aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 16:45.

Ultimo ingresso e chiusura della biglietteria: 45 minuti prima dell’orario di chiusura.

Chiuso il martedì, il 1 gennaio, il 23 aprile, il 3 ° giorno della festa del sacrificio e il 29 ottobre.

Il primo giorno delle festività religiose, il museo apre alle 13:00.

Prezzo del biglietto: 36 TL
Bambini fino a 8 anni: gratuito
Istanbul Museum Pass è valido qui.

Istanbul Museum Pass – Ingresso ai musei e moschee

Zecca dello Stato-Darphane-i Amire

La seconda cisterna si trova sulla strada che porta dal primo cortile del palazzo del Sultano al Museo Archeologico. L’entrata della cisterna bizantina si trova al disotto dell’attuale palazzo della Zecca. Senza dubbio alcuno, il personale del Palazzo di Topkapi non ignorava l’esistenza della cisterna bi­zantina, dal momento che utilizzava l’acqua per irrorare i giar­dini.

Zappatori dalle frange curve-Zülüflü Baltacılar Ocağı-

Superata Santa Irene, ancora sulla sinistra, arriviamo alla vecchia Zecca dello Stato : lo fu per un certo numero di anni ma di recente è stata trasferita nella nuova sede di viale Yıldız. A destra della Zecca notiamo un forno e poi un altro ancora, riservato alla cottura del pane che andava al palazzo. C’era in quel punto una tettoia di lengo quando il Palazzo era abitato. In esso vi erano cucine capaci di sfornare cibi per 15.000 per­sone. I caminetti e i forni del Serraglio, dei palazzi minori e degli edifici dipendenti avevano tutti la loro riserva di legname accatastato contro un lungo e antico muro che fiancheggiava la Zecca succitata. Il legname veniva portato per nave e sca­ricato al porto in un punto chiamato Demir Kapi, quindi appi­lato in magazzini e avviato al consumo secondo le necessità. I taglialegna del Palazzo venivano chiamati «Zülüflü Baltacilar» (Zappatori dalle frange curve) e appartenevano a un corpo spe­ciale, tipi gagliardi delle montagne anatoliche, giovani e robusti, che si distinguevano per i ricci dei loro capelli che si piegava­no in giù fino ai padiglioni delle orecchie. Siccome il loro lavoro li obbligava a restare dentro all’Harem, dovevano indossare dei rigidi collari che impedivano loro di voltare liberamente la testa…

Poiché la gerarchia ottomana non fu mai essenzialmente aristocratica e il merito individuale trovò sempre il modo di emergere, molti di questi umili servi del Serraglio giunsero a co­prire importanti uffici dello Stato e alti comandi militari.

Fu un ex-membro della compagnia zappatori, Baltadji Meh­met Pasa, che guidò il suo esercito alla vittoria su Pietro il Pazzo (Pietro il Grande) di Russia nella battaglia del Prut, schiacciando l’armata russa come in una morsa e prendendo prigioniero lo stesso imperatore che, se fu risparmiato, lo fu solo per l’intercessione dell’imperatrice Caterina, giunta di per­sona a perorare per la vita dello Zar.

Fontana dei Carnefici-Cellat Çeşmesi

Costeggiando il muro, sulla nostra destra, fino al punto in cui termina, arriveremo a una fontana davanti alla quale è collocata una pietra conica. Entrambe sono legate a eventi sanguinosi. Sulla colonna, per il periodo stabilito dalla legge, venivano esposte le teste staccate dai corpi ancora in vita o tranciate dai cadaveri di coloro mandati a morte per ordine del Palazzo o di altra autorità, giustiziate dalla lama del carnefice o dalla corda dell’impiccatore; alti carnefici che lavavano poi nella fontana scimitarre e accette lorde di sangue Ricordi agghiaccianti. Comunque, nella mia qualità di guida, devo aggiungere che gli Ottomani non praticarono il sistema dell’ «Inquisizione», tanto caro all’Europa. Strumenti di tortura come quello per seviziare le unghie erano loro sconosciuti, come pure le varie altre invenzioni, crudeli quanto barbare. Gli Ottomani prendevano la via più breve; si accontentavano di un colpo inferto con una lama affilata per staccare la testa dal corpo. E ciò era tutto!

Seconda Cortile del Palazzo

Fine dalla Bab-üs Selam potete viaggiare gratis.

Visita al Palazzo Topkapi
Bâb-us-Selâm(Porta del Saluto)

Il grande ingresso che ci è ora di fronte è la Porta del Saluto (Bâb-us-Selâm), con due torri di pietra levigata, una per fianco. La porta risale a Fatih (il Conquistatore), le torri appartengono al periodo di Solimano il Magnifico; tutte e tre subirono modifiche dopo la conquista dell’Ungheria come pro­va il fatto che venne loro conferito uno stile ungarico.

Secondo le regole del Palazzo, anche le persone autoriz­zate a usare cavallo e carrozza erano obbligate a scendere sulla soglia della Bâb-us-Selâm e a proseguire a piedi. Solo il sovrano aveva la facoltà di varcare la seconda porta a ca­vallo.

Le guardie di questa porta erano agli ordini del «Kapıcı başı Aga» (l’«Aga» in capo dei guardiani) che rivestiva una delle alte cariche a Palazzo.

Il capo dei guardiani era tenuto a comunicare agli interes­sati i «firmani» (editti) del Consiglio Imperiale e proprio per questo veniva ricevuto dai Vali (governatori generali delle province).

I personaggi che avevano ottenuto un’udienza aspettavano di essere ricevuti nella sala di questo capo guardiano del Palazzo; gli sventurati, incorsi nello scontento del Sultano, erano rinchiusi nelle celle sotto le torri, dalle quali uscivano per seguire il loro destino: o la prigione, nell’oblìo delle loro famiglie, o il ceppo fuori della porta, vicino alla fontana dei carnefici.

L’«alter ego» dei Sultano, il suo supremo rappresentante, il Gran Visir, giunto a questa brillante posizione che dà potere e splendore, salito al rango di Luogotenente dell’Impero dopo aver attraversato a piedi la soglia della seconda porta, poteva sempre essere relegato al rango più basso al minimo segno del Sultano. Allora doveva restituire il Sigillo Imperiale a lui affida­to in una piccola borsa di seta e attendere il peggio, senza aiuto di sorta, con la vita in giuoco…

Secondo cortile del Palazzo

Ma lasciamoci dietro questo periodo assetato di sangue, ringraziando il Signore di vivere nel meno pericoloso ventesi­mo secolo, e proseguiamo nel secondo cortile del Palazzo. Era qui che i giannizzeri ricevevano la loro paga tre volte l’anno e inghiottivano la loro zuppa proverbiale. Qui, sui due «Bayram», si divide il «Saray Baklavasi» (Palazzo Baklava). Questo luogo, ancora, assistè al tumulto dei soldati in rivolta ed echeggiò il ruggito e le urla della folla.

Nel Palazzo dei Sultani ci sono oggi dei locali, come i chioschi e gli appartamenti, aperti alle visite del pubblico per via del loro valore architettonico e dei mobili pregiati, come pure ci sono ambienti adibiti a museo dove sono esposti nelle teche oggetti di valore. Il mio suggerimento è di programmare la visita secondo Ja posizione topografica del Serraglio senza fare aicuna differenza tra i primi e i secondi, e tenendo sempre la destra. In questo modo la visita procederà visitando uno per uno i locali sulla destra e, giunti in fondo al Palazzo, si proseguirà avendo ancora a destra l’altra ala da vedere.

Tuttavia, in un dedalo simile di edifici complicati, sarà necessario fare una o due prove per controllare se il’ criterio funziona. Per esempio, destino vuole che l’entrata dell’Harem sia nel secondo cortitile; perciò, tenendo a destra, arriveremo all’ingresso dell’Harem verso la fine della visita al Palazzo e, dopo aver visitaro l’Harem, ci troveremo ancora una volta nel terzo cortile e di là passeremo sotto la Porta della Felicità ancora una volta e attraverseremo ancora il secondo cortile.

Di fronte a noi abbiamo la terza e ultima delle porte inter­ne del Palazzo. Oltre il muro sulla destra si estendono le cucine; a sinistra notiamo l’edificio noto come «Kubbe Alti».

Le cucine e le collezioni di porcellane

Andiamo a destra verso le cucine ad ammirare i tesori di porcellana che vi sono in mostra.

Queste enormi cucine un tempo fornivano i cibi per 4.000 persone al giorno.

I locali delle cucine risalgono a Fatih ed erano sormontati da quattro cupole. Ai tempi di Solimano il Magnifico furono ampliate con l’aggiunta di una sezione supplementare a sei cupole.

Secondo un documento venuto in nostro possesso, sotto Murad III c’erano 1147 cuochi e sguatteri che lavoravano nelle cucine. Durante, il regno di Solimano l’edificio fu devastato dal fuoco; venne ricostruito dal famoso architetto turco Sinan che aggiunse altri locali e camini conici. Cucine, cantine, bagni per il personale costituivano l’nsieme di questo complesso dalle funzioni tanto importanti per il Palazzo. Fu solo dopo l’ultimo riordino del luogo che vi furono raccolti e messi in mostra gli oggetti in porcellana, rame e cristallo che costitui­scono una delle più preziose collezioni esistenti al mondo.

Porcellana cinese

La prima sala a destra è dedicata a opere cinesi dei tempi più antichi, che datano dal nono al tredicesimo secolo. Sono il Celadon di color giallo o verde pallido, pezzi a un solo colore, forse i soli esistenti nei loro genere.

Si tratta di una delle più rare collezioni che si possano trovare, composta di parecchie serie e che annovera più di diecimila pezzi.

il Sultano Selim l’Intrepido e suo figlio Solimano il Magni­fico avviarono la raccolta di queste porcellane II giovane Sul­tano Selim, dopo la conquista d’Egitto, aveva trasportato a Istanbul i tesori in porcellana dei re Mamelucchi. Kanuni So­limano fece delle personali acquisizioni e commissionò varie opere in porcellana di cui fece collezione. I pezzi restanti furono doni offerti al sovrano. Si dice che i pezzi di Celadon cambino colore quando vi fosse versato dentro qualcosa che contiene del veleno. Tale, almeno, è la leggenda che è rimasta fino ai giorni nostri.

La collezione contiene degli oggetti della dinastia dei Ming (1388-1644), della dinastia dei Ch’ing (1644-1912), del periodo dell’imperatore K’ang Hsè (1662-1722) e degli oggetti conosciuti sotto il nome di «monocromi», «famiglia verde», «transitori», «provinciali», «blu scuro e dorato», «smaltati», poi, nelle ulti­me sale, le porcellane «giallo-verdi verniciate» (XVIII secolo), «famiglia rosa» e una ricca collezione di porcellane giapponesi «bianco-blu» e «multicolori».

Porcellane Europee

In questa sala c’era una ricca collezione di porcellane europee che furono messe in deposito a causa della mancanza di spazio. Per dare un’idea della ricchezza delle collezioni del palazzo, vi voglio citare qualche oggetto importante, fuori esposizione.

Le porcelloni francesi di Vincennes e di Limoges risalgono al XVIII secolo: si tratta di vasi con inizali e corona napoleo­nici, opere di Sèvres, tra le quali rimarchevole una caccia al cervo con sei bracchi che inseguono l’animale, doppio di Sèvres molto fine, dono di Felix Faure ad Abdül Hamid II. Vasi di manifattura russa, vasi francesi e le terraglie di Fontaine- bleu, un servizio da tavola offerto dal re di Polonia, Stanislao Poniatowski (XVIII secolo), ad Abdül Hamid I, abbellito di medaglioni e accompagnato dalla seguente dedica: «In sogno di gratitudine e affetto al Padiscià Turco», infatti, non dobbiamo dimenticare che l’Impero Ottomano fu il solo stato che si rifiutò di sanzionare la spartizione della Polonia.

Un grande vaso sul quale è riprodotta l’effigie del re Carlo XII di Svezia, rifugiatosi in Turchia dopo essere stato sconfitto dai Russi, e altri pezzi lavorati a Stoccolma, i prmi esemplari di Meissen (1720-1730), cristalli veneziani (pregevoli), pezzi fabbricati a Vienna per il mercato orientale, fra cui due catini, due brocche e due caraffe con lo zipolo in bronzo per servire il succo di frutta sono particolarmente degni di menzione (1730). Molto pregevoli sono anche dieci barattoli per marmellata con coperchi tempestati di diamanti, lavorazione di Parigi, Cristalli di Boemia, due coppe per sorbetto, cristallo irlandese del XVII secolo e un grazioso narghilè. Astucci d’argento, a forma ci­lindrica, spessi e cesellati, che servivano a contenere i mes­saggi di congratulazione inviati dall’India nel 1901 (me

ssaggi indirizzati dalla popolazione in occasione del XXV anniversario dell’ascesa al trono di Abdül Hamid II, giubileo festeggiato il primo settembre del 1900).

Oltre questi astucci in argento vi sono conservati anche tre altri a forma di grandi cofani con cassetti.

Regali per 25.anno di incoronazione Abdül Hamid II

Centinaia di candelieri d’argento, piatti, anfore, samovar, cofanetti per gioielli, tabacchiere, recipienti per sorbetti, vas­soi, ghiacciaie, lanterne d’argento, come pure soprammobili, servizi da caffè, astucci con il necessario per scrivere e can­delabri, tutti in argento ed eseguiti negli stili più diversi: questi oggetti sono stati offerti ad Abdül Hamid II in occasione del suo XXV giubileo. La società di Navigazione costiera di Istanbul aveva fatto costruire un piroscafo a pale, in miniatura, di 0.50 cm di lunghezza, con la bandiera nazionale il cui colore di fondo era di smalto rosso, la mezzaluna e la stella in oro. Ai margini delle bandiere issate sugli alberi sono scritte le date 1876 e 1900 che commemorano il XXV giubileo del Sultano.

Una grande urna d’argento sarà di speciale interesse per i turisti tedeschi, perchè sui quattro lati sono disposte le monete in circolazione nei vari stati dell’Impero tedesco, mentre il coperchio reca la corona dell’Impero Romano-Germanico: anche questo fu un dono eccezionale offerto allo stesso sul­tano.

Altri oggetti in argento e cristallo: tazze, anfore e la riproduzione in marmo e argento di un guerriero. Un servizio da caffè proveniente da Bukhara (Asia centrale) e altri oggetti originali dell’Asia e dell’Europa.

Manufatti in cristallo e ceramica di Istanbul

Lasciando le cucine sulla nostra destra, sempre nello stesso giardino vediamo la piccola moschea («mescid») dei pasticcieri. In origine, questo edificio era costituito di due vani e serviva per deposito di sapone («Sabun Kileri»); il muro di­visorio venne abbattuto e il primo vano fu dotato di una porta per comunicare con una cantina interna. Così trasformato in un’unica stanza, il locale custodisce oggi oggetti rari fabbricati a Istanbul e che non è facile trovare altrove.

Nel lasciare queste sale devo ricordarvi che l’edificio non era adibito in origine a museo, talché le varie e numerose rarità esposte e che avete appena finito di ammirare (cera­miche, terraglie, cristalli, porcellane, argenterie e altre curiosità) erano disperse un po’ dovunque nel Palazzo Imperia­le, a quel tempo abitato. Perciò, quando visitate gli apparta­menti del Serraglio, ora vuoti di mobili e di articoli domestici, tentate di immaginarvi come padiglioni e chioschi dovevano presentarsi quando esseri umani vi trascorrevano la vita. Nuo­tando nella fantasia attraverso quell’epoca svanita, vedremo co­me in un sogno i giannizzeri impegnati nei loro esercizi militari sui prati rasati, i chioschi accuditi da vecchi schiavi e servitori, e il padrone di tutto, il Sultano in persona, con il suo seguito, dedito ad assicurare il benessere collettivo, e infine Harem, inviolabile, affollato da migliaia di bellezze d’ogni paese… Un modo, questo, per poter vivere in un mondo di fiaba, sia pur per breve tempo.

Lasciamo ora le cucine passando ancora una volta per la porta ad arco e dirigiamoci versa la parte destra del cortile.

Sezione delle armi

E’ una costruzione in pietra e mattoni, di due piani, sede un tempo del Tesoro Ufficiale dello Stato. Vi era infatti custo­dito il tesoro personale del Sultano mentre oggi vi fanno bella mostra armi e corazze.

Il locale si articola in tre importanti settori:

Fucili e Pistole

Artigianato turco del diciottesimo e diciannovesimo secolo e vari trofei di guerra o doni provenienti dall’estero. Enormi carabine usate per bombardare le fortezze, impreziosite di coralli e turchesi.

Sciabole e spade della cavalleria

Notevoli in questo settore le armi bianche del diciassette­simo secolo usate dai Califfi​ Omayyadi e dai re Mammelucchi d’Egitto molto prima della nascita dello Stato Osmanli.

Archi e faretre

Queste armi da guerra e da torneo recano date che vanno dal quinto al diciannovesimo secolo; la raccolta è costituita da una scelta delle più preziose. Da notare specialmente è l’arco di fine fattura, fatto con le sue mani dal Sultano Beyazit II, che eccelse in quest’arte.

Oltre a questi tre settori, le mostra esibisce migliaia di corazze, elmi, cotte di maglia, gambali, scudi che contribuisco­no a formare questo Museo delle Armi, una collezione unica nel suo genere.

Il baldacchino del Sultano

Dopo aver lasciato la sezione delle armi, in una sala adia­cente. è esposto un magnifico baldacchino del Sultano. Veniva usato durante le parate e i ricevimenti del monarca fuori del Palazzo, deposto di fronte alla tenda, pur essa parte di quella sontuosità in cui era avvolta la grande sala dei ricevimenti. Oltre ad offrire una splendida copertura davanti alla tenda, il baldacchino racchiudeva gli esemplari più raffinati della civiltà e dell’opulenza raggiunte dalla vita nomade.

Kubbealti-Divano-Sotto la Cupola

il «Kubbealti», uno dei principali edifici entro il perimetro del Palazzo, era come uno stato a sé.

Il Consiglio Imperiale, che governava il Paese in nome del Sultano-Imperatore (ed era quindi il Ministero del tempo), si riuniva sotto questo storico tetto. L’appartamento è composto da due sale, una per i dibattiti e le conferenze dei ministri; l’altra per gli impiegati e gli archivisti. Ci sono anche i locali assegnati al Gran Visir. Il Segretariato dell’Ufficio del Consiglio Imperiale e la Sala delle Conferenze non erano separati da una parete ma da un parapetto di una certa altezza (o piuttosto, da una griglia). I decreti dei Sultani e i firmani venivano scritti nell’ufficio di segreteria.

Il Sultano ascoltava i dibattiti attraverso una apertura a grata chiamata «Kafes», e il Consiglio, sotto I presidenza del Gran Visir, si riuniva quando si supponeva che il monarca fosse dietro quella finestra a grata.

Sotto la cupola venivano ricevuti gli ambasciatori o si annunciavano al banchetto.

Questa sede del Palazzo, un tempo preposta a dirimere gli atti dello Stato, si distingue a distanza per via della torre che segna la sua posizione elevandosi infatti sopra la sala del Consiglio, nota come il «Kubbealti».

La torre massiccia, costruita molto solidamente, col suo tetto a punta, serviva un tempo da posto di osservazione da cui tenere sotto controllo tutto quanto accadeva entro il suo raggio circolare. Un passaggio privato la univa al posto di guardia, sito nelle vicinanze. Centocinque gradini davano ac­cesso al piano superiore della torre mentre un secondo scalone, che parte dalla divisione lastricata nell’interno, ci conduce al ridotto con la finestra a grata da cui, come s’è detto, il Sultano seguiva i dibattiti dei suoi ministri riuniti sotto la cupola del Consiglio.

Stanza dei ricami

Le vetrine vicino all’ingresso sono dedicate a manufatti del sedicesimo e diciottesimo secolo, come fodere, tovaglioli (boh­ça), copriletti, tessuti per «Kavuk», fazzoletti, sciarpe, tovaglie. Se ci dirigiamo a destra, troveremo che gli oggetti in mostra sono vieppiù doviziosi: manufatti delicati in colori tenui, veli, mussoline adorne di fiori trapunti con filo dorato.

Visitata questa mostra, passiamo ancora una volta dalla Porta della Felicità per arrivare al secondo cortile. Ne visitam­mo all’inizio il lato destro; questa volta ci fermeremo alle diverse sezioni.

Sala delle udienze(Arz Odası)

Adiacente a questa porta è la sala delle udienze, che è già stata ricordata. La compongono ventidue colonne e ventidue volte e rappresenta, con i suoi ornamenti, cornicioni e tetto, uno stile architettonico spiccatamente turco. La facciata è rivestita di piastrelle colorate e una fontana è addossata al muro. L’edificio fu innalzato nel quindicesimo secolo per ordine del Conquistatore e in seguito modificato. L’iscrizione in persiano sopra la fontana è un verso scritto da Solimano il Legislatore (il Magnifico) e quello sopra la porta è di Ahmet III e reca la data 1724 in numeri romani. C’è un’altra iscrizione in caratteri arabi incisa sopra una seconda porta, opera di Mahmud II, che reca la data 1810. Come si può vedere, i Sultani turchi contavano fra loro numerosi poeti e calligrafi. Ne in­contreremo altri esempi più avanti.

A sinistra, sotto una cupola, si nota un trono a forma di predella sul quale sono scritti alcuni versi di pregevole fattura che portano la data del 1596. Oggi di aspetto vecchio e consunto, questo scranno regale doveva allora essere dipinto e coperto di ricami, trapunto di perle e di scintillanti smeraldi, quelli che ammireremo fra le gioie raccolte nel Tesoro Imperiale (Hazine). Le tende della stanza e i pilastrini che sostengono il trono erano tempestati di pietre rare.

C’è una fontanella all’interno che col rumore dei suo zampillo impediva di ascoltare le conversazioni che vi si svoigevano.

Si è detto che il Sultano fissava le udienze agli amba­sciatori stranieri e ad altre autorità in questo locale. Gli am­basciatori ammessi alla presenza del sovrano venivano fian­cheggiati da due Aga che li sostenevano per le braccia e li aiutavano a prostrarsi davanti al Sultano. Nel 1667 l’inviato dello Zar, Alexis Mihailovitch di Russi’ si rifiutò recisamente di farlo e fu solo con difficoltà che le due guardie riuscirono a piegarlo nella riverenza rituale!

Bab-üs-Saade (Porta della Felicità)

Accingiamoci a varcare il portale interno che dà accesso agli appartamenti privati del Sultano.

Ci troviamo qui nel dominio privato, domestico del sovrano. Nessuno poteva entrare nella «casa» privata del Sultano senza autorizzazione. Solo il Gran Visir, per riferire sugli affari di Sta­to, in certi giorni e alle condizioni prestabilite, poteva varcare quella soglio al dilà della quale si apriva la camera reale delle udienze.

Gli insorti che irruppero nel Palazzo, si arrestarono sempre davanti a questa inviolabile porta che nell’ intero corso della sua storia fu varcata solo due volte da forze ribelli: una volta alla caduta del giovane Sultano Osman; una seconda volta quando Alemdar Mustafa Pascià ritornò da Rumeli alla testa di un esercito rivoluzionario per rimettere sul trono Selim III.

Questa Porta della Felicità è stata, nella nostra storia, la scena di altri notevoli eventi: l’ascesa al trono di un nuovo Sultano, l’offerta di voti al Bayram, la cerimonia per il conferi­mento del titolo di «Serdar» (Generalissimo) o di comandante in capo di un esercito in partenza per il servizio attivo. La consegna della Bandiera Sacra dalle mani stesse del sovrano al soldato prescelto aveva luogo sulla soglia della «Bab-üs- Saade».

Il trono imperiale, quali che fossero le condizioni del tem­po o la stagione, veniva posto davanti a questa famosa porta, addobbato di cuscini dorati; nelle feste rituali veniva invece installato un trono speciale chiamato «Bayram Tahti» (Trono delle Festività).

Il giorno della sua incoronazione, il monarca per prima cosa riceveva l’omaggio del «Kizlaragasi» (Grande Eunuco) e del capo dei suoi ciambellani privati, il «Silahtar Aga» (porta­tore di spada), Gran Maestro dei paggi di Palazzo.

Solo al termine della cerimonia, il sovrano si sedeva sul trono. La spianata di fronte alla Porta era affollata di gian­nizzeri, in uniforme; la Banda («Mehter»), il primo complesso musicale esistente in un esercito, suonava arie marziali; i sol­dati applaudivano e il Sultano si sedeva in trono, con il Grande Eunuco alla sua destra e il Maestro dei paggi di Palazzo alla sinistra.

Questi dignitari, avendo già pronunciato l’atto di obbe­dienza, non dovevano ripeterlo fuori della porta; era invece la volta degli altri membri della Corte a farsi avanti per rendere Omaggio e fare atto di sottomissione al loro signore e capo. Il «Nakib-ul-esraf» pronunciava una preghiera di circostanza, i vari ufficiali porgevano i loro omaggi e i voti della loro devo­zione e i due Capi Portieri, cadenzando il passo con i loro bastoni d’argento battuti per terra, guidavano la processione che doveva fermarsi davanti al «Kubbe Alti» (Sotto la Cupola), il luogo dove il Gran Visir e i Visir (ossia i membri del Con­siglio), così come gli ufficiali previsti dal protocollo, erano invitati a baciare l’orlo del mantello al Sultano.

Il Gran Visir in persona si metteva in testa alla processione e quando i dignitari raggiungevano un certo punto designato (tre pietre segnate da bandierine), a pochi possi dal trono sotto la cupola, si piegavano a terra e umilmente salutavano il Padiscià. All’avvicinarsi del Gran Visir, il Sultano si alzava mentre il «Sadrazam» s’inginocchiava a baciare i piedi del sovrano, ponendosi poi a destra del trono. Era quindi la volta dei Visir e degli altri dignitari ad adempiere alla stessa, prescritta formalità. Alla fine ognuno arretrava muovendo passi all’ indietro e la cerimonia aveva termine.

Quando il Sultano si era ritirato nei suoi privati apparta­menti, ordinava una largizione, chiamata il «Premio dell’Asce­sa al Trono», perché fosse distribuita fra i soldati, ammontante a tre mesi di paga. L’atto munifico veniva ripetuto a ogni nuova ascesa al trono ed era diventato una consuetudine che datava dal quattordicesimo secolo.

Terzo Cortile

Dopo La sala udienze (Arz Odası) proseguiamo ora per la porta che ci sta di fronte. Ci avvieremo così sul percorso in pendìo per giungere al Terzo Cortile del Palazzo.

Il primo edificio che incontriamo sulla sinistra è la Bibliote­ca di Ahmet III.

Bibliote­ca di Ahmet III-Ahmet III Kütüphanesi

​Fasciato di marmo bianco, con un tetto circolare, due sale laterali e tre cupolette sopra l’ingresso, l’edificio ha l’aspetto di un vero monumento. Le cupole sono sormontate da emblemi chiamati «Alem», sui quali vorrei richiamare la vostra attenzione. Simboleggiano il gusto del periodo e la moda dei tempi antichi; sono a forma di tulipano o di melograno e fabbricati in rame. L’edificio è accessibile mediante un dop­pio scalone il cui pianerottolo è protetto da pannelli di vetro.

Il visitatore è accolto all’entrata da una fontana di marmo; dall’iscrizione sulla faceiata dell’edificio opprendiamo che questa fontana fu costruita nel 1719. Le piastrelle colorate, gli stucchi, le finestre intarsiate in avorio sono tutte degne di ammirazione. Ci sono 4.364 volumi in questa biblioteca che raccoglie anche una ricca collezione di manoscritti.

L’edificio immediatamente adiacente alla biblioteca di Ahmet III era una moschea; costruita in laterizi, era la più grande moschea entro i confini del Palazzo.

Eretta durante il regno del Conquistatore, l’interno era stato arricchito di piastrelle costose di ceramica; in essa i paggi del palazzo e gli «Aga» recitavano le loro devozioni.

Convertita in una museo nell’Era Repubblicana, la casa di preghiera fu usata come deposito per i libri che si trovavano sparsi per il Palazzo e divenne perciò una biblioteca, unica nel suo genere, dove sono raccolti oltre duemila volumi di grande bellezza.

Dopo aver osservato l’edificio dall’esterno, proseguiamo verso quella parte del Palazzo dalle colonne ad arco; la prima sezione ospita i paludamenti dei Sultani mentre la seconda custodisce il leggendario Tesoro del Padiscià, «Hazine» in turco.

Il Tesoro Ottomano è stato riunito in due locali del Palaz­zo. Era nel primo che il Sultano Selim II si spogliava prima di fare il bagno («Hamam»); dalla camera vicina si può raggium gere il chiosco costruito da Fatih. Esso comprende un terraz­zino a cielo aperto, tre salotti, una stanza da letto che oggi dovremmo chiamare ad aria condizionata, una stanza da bagno che è un capolavoro architettonico. Sfortunatamente, parte dell’ «Hamam» è stata demolita. Per il momento è usata come accesso alla seconda sezione del Tesoro, e mentre passiamo, notiamo altre tre stanze. Infatti il Tesoro è distribuito fra quattro appartamenti.

Il chiosco di Fatih è imponente, posto com’è al centro del Serraglio, con le sue alte arcate che poggiano su nove colon­ne formando così una galleria spaziosa, molto piacevole nella sua composizione classica e monumentale.

Due stanze si distinguono per le linee caratteristiche del periodo e fornite di caminetto; nel loro punto di congiunzione formano un vano ad angolo retto chiamato «sofa» con una fontanella al centro. Attraverso i colonnati e le quattro arcate si possono vedere le terrazze che si affacciano sul Bosforo e sul Mar di Marmara offrendo una panorama incomparabile. Si potrebbe affermare che si tratta del più bell’ambiente naturale che possa esistere sulla Terra. Ben di rado la natura offre tali splendori. E questo è quanto il turista in arrivo a Istanbul per mare ha la buona sorte di contemplare: il maestoso profilo del Serraglio, l’incantevole orizzonte, l’incomparabile panorama che si apre davanti ai suoi occhi.

Le vesti dei Sultani

Ci troviamo nei locali che furono abitati dai paggi che il Sultano voleva con sé durante i suoi viaggi. Durante il regno di Fatih, le stanze erano usate per giochi e trattenimenti. Ah­met I, il fondatore della Moschea Azzurra, organizzava qui i suoi viaggi; Murad IV, il Conquistatore di Bagdad, accrebbe I’ importanza di questi appartamenti; Ahmet III, il fondatore della biblioteca che porta il suo nome e di cui si è prima parlato, aveva demolito il padiglione di Selim II trasportando là, in un primo tempo, le colonne di marmo verde e poi innalzandole davanti a questo edificio che egli adornò anche con arcate. I «seferli», quei paggi cioè impiegati principalmen­te al servizio privato del monarca, qui avevano i loro quartieri. Oggi gli scaffali che si allineano lungo il muro a destra conservano i vestiti dei Sultani scomparsi, compresi quelli di Fatih il Conquistatore, con le spade che era solito indossare.

Lo scaffale al centro della stanza, è anche associato alla morte dei Sultani e alle infelici memorie evocate dai loro nomi. Vi sono infatti le vesti che il Conquistatore indossava quando morì; quelle del giovane Osman quando fu strangolato e quelle del Sultano Abdul Aziz trovato esanime nei suoi appartamenti a Palazzo Feriye nel 1896.

Il Tesoro-Hazine

Nella prima sala, a destra incontriamo la vetrina : ar­matura tempestata di pietre preziose.

Kaşıkçı Elması-Diamante Cucchiaio

Dopo il caminetto, fa bella mostra il famoso diamante chiamato del «cucchiaio» (kaşıkçı). Si racconta che ci siano dei collezionisti che intrapresero il viaggio per İstanbul soltan­to per poter ammirare questo superbo gioiello. Occupa qui un posto speciale. Le sue quarantanove geme lo incastonano, in montature idonee, su due ordini. Egli occupa una vetrina sola­mente per sè. Secondo Raşid, storico di quella epoca, ecco la leggenda strana di questo rarissimo gioiello della corona : Un vagabondo, frugando in un immondezzaio a Eğrikapi, sulle rive del Mar di Marmara, a Istanbul, nota una pietra molto luminosa; s’appropria di ciò che ha trovato e la vende a un artigiano, fabbricante di cucchiai, il quale gli regalò in cambio tre cucchiai; l’artigiano a sua volta cedette la pietra a due gioiellieri che gli offrirono per questa dieci akçe. Ma i due orefici, dopo aver ben esaminato la pietra, se la disputarono; il capo della corporazione, messo al corrente del disaccordo, si impadronì della pietra, indenizzando i due principali anta­gonisti. Il Sultano Mehmet IV, a sua volta, al quale fu racconta­to l’accaduto, si fece presentare il gioiello e lo fece lavorare : così fu portato alla luce un un diamante raro di 84 carati».

Dobbiamo qui concludere la nostra visita al Tesoro, sebbe­ne sia incompleta. Non ho avuto il tempo di elencare tutte le meraviglie che vi sono accumulate. Nè si deve pensare che il Tesoro Ottomano sia limitato agli oggetti che sono esposti. La mancanza di spazio per la mostra ha reso necessario sis­temarne una grande quantità in capaci depositi dove i pre­ziosi sono conservati e custoditi con la massima cura e vigi­lanza.

Uscendo dal Tesoro, a destra troviamo gli uffici Amministrativi, Nella di importante in quest’ultima parte. Andiamo quin­di a visitare gli appartamenti dei Paggi Privati (İç Oğlanlar Hâ­zineleri Kogusu), oggi trasformati in una pinacoteca.

Galleria delle miniature e del ritratti

Entrando nella sala, da poco inaugurata, si ha l’impressione netta di entrare in una biblioteca dove è d’obbligo parlare a bassavoce. E biblioteca lo è, visto che ci stiamo accingendo a visitare una raccolta di manoscritti molto preziosi e di miniature altrettanto originali.

A destra, troverete dei libri arabi o selciuchidi del XII e XIII secolo, di varia natura : religiosi, scolastici, scientifici…

Per esempio, trai primi, spicca un «shahnama» del 1330, provenente da Shiraz, ossia un «libro dei re».

Tra le diverse miniature sul muro, a destra, di scuola per­siana del XIII e XIV secolo, si noterà «la presentazione di Ge­rusalemme al Profeta» il cui viso, contrariamente alle usanze musulmane, è scoperto. La miniatura proviene da Tebriz ed è del XIV secolo.

All’angolo della sala, un «Divano» del Sultano Husayn Mir­za del 1492.

Continuando, sono esposte nella vetrina «Opere dei princi­pati Turchi in Anatolia». Da notare, tra i primi, «paesaggio» del 1480, epoca dei Turcomanni Aq-qoyunlu. A lato di questo, una miniatura presenta un giovane sultano con il suo seguito. Sono esposti, poi, i «Libri di Kara-Koyunlu della collezione del Con­quistatore di Istanbul, Maometto II.

Sala interna

Nella sala, ricavata all’interno dell’esposizione, vi troviamo le miniature in stile occidentale, influenzate perfino dallo stile cinese e giapponese, sempre tratte dall’album del Conquistatore, e datate del XIV e XV secolo.

Siyah Kalem

Vi si ammirano soggetti come animali, paesaggi e battaglie, a destra. Mentre, uscendo da questa stanza, si trovano disegni fatti da un artista turco sconosciuto, chiamato «il pennello ne­ro» (siyah kalem), il cui lavoro si situa nel XIV o piuttosto nel XV secolo.

Si ritorna nella sala principale, e, sempre alla destra, si tro­vano miniature e libri persiani del XVI secolo. Tra i quali, note­rete due grandi e magnifici «Shahnàma» (ossia «Libri dei re») di Firdaws, di grande formato, del XVI secolo, che trattano di conti e di avventure. I libri venivano offerti al re di Persia.

Appesi al muro sorridono due ritratti del conquistatore, Mao­metto II, l’uno eseguito dall’italiano Costanzo di Ferrara, il secondo da Sinan Bey, pittore turco sconosciuto. La visita continua con il ritratto del Barbarossa, eseguita da Nigàri come quelle di Solimano, Selim II, sempre su miniatura.

Matraqa Wasuh è l’autore delle miniature del libro seguen­te. Su una pagina doppia possiamo ammirare «la flotta turca, in Francia, in aiuto a Francesco I». .

Segue un «Hünarnâma» le cui miniature sono state ese­guite da Lokman. In una pagina aperta, i turisti possono ammi­rare «la pianta di Istanbul» in grande formato. Accanto a questa, sta l’assedio di Serget da parte dei Turchi (1568-1569).

Al muro sono appese alcune miniature riguardanti degli spettacoli vari (arti e mestieri), eseguiti davanti al sultano che ammira dal balcone del palazzo di İbrahim Pascià, nell’ippodromo, in occasione di matrimoni o altre feste. Eseguito nel 1582.

Segue un «Nasretname», molto bello, a colori vivaci, ese­guito da Mustafa Alì, ed è del 1584.

Infine, sull’ultimo muro, occhieggiano miniature turche del XVII, XVIII e XIX secolo. Da notare, tratto dall’album di Ahmet I (il sultano della Moschea Blu), un’opera di Nobereh, «matrimo­nio nell’harem».

In un «Shahnàma» del 1620, nella pagina esposta in visione, si può vedere «la flotta turca». Quindi diverse miniature, firma­te da Vehbi, portano la data del 1720.

E, per concludere, l’occhio si poserà su un libro, specimen dell’influenza occidentale. Si tratta di un «divano», (ossia «libro di poesia»), dipinte con gusto europeo, inizio del secolo XIX. E non dimentichiamo di sorridere, soddisfatti della vista ad ope­re così superbe, a diversi ritratti di personaggi dell’ambiente vicino al sultano.

Sezione delle rilegature e dei sigilli

Sigillo di Profeta Maometto

Prima di entrare nel Santuario dell «Hırka-i Saadet» (Il Mantello Sacro), a cominciare dal primo scaffale, sono allineati quattro libri manoscritti di Sheik Abdullah, seguiti da un Cora­no di Ahmet Karahisari e dietro, sulla parete, un esemplare saggio calligrafico di Mustafa İzzet. In una seconda vetrina sono in mostra sei libri di Hafiz Osman (diciassettesimo seco­lo;, un verso del Corano scritto dal Sultano Mahmud II, un grande monogramma del Sultano Murad III, un altro monogram­ma del Sultano Mehmet II disegnato da Mustafa Rakim, un esemplare di calligrafia turca in stile persiano di Mehmet Esat Yesari (diciottesimo secolo), incisioni turche di Bursali Fahri, manoscritti di estrema delicatezza in stile Gubari e Nesih, insieme a vari strumenti per scrivere.

Usciti dalla sezione manoscritti e sigilli, vediamo davanti a noi, sullo stesso piano, i locali noti come «Hirka-i Saadet», il Mantello Sacro del Profeta. La facciata è coperta di piastrel­le, due grandi lampade sferiche di cristallo si trovano ai lati della porta e l’ambiente nel suo complesso, grazie anche alle sue classiche arcate, è quanto mai suggestivo.

Prima di entrare nei giardini del Palazzo, dirigiamoci verso questo locale al quale i credenti attribuiscono importanza storica.

Santuario dell’ «Hirka-i Saadet»,Kutsal Emanetler-Sacre Reliquie-Camera del Santo Mantello

E’ l’angolo del massimo ossequio, nel Palazzo, per via del Mantello del Profeta che vi è piamente custodito e attenta­mente sorvegliato, insieme a molte altre sacre reliquie.

Una volta l’anno, il 15 del mese del Ramazan, il santuario riceveva la visita solenne del Sultano, degli uomini di Stato e dei grandi dignitari dell’Impero.

L’edificio poggia su arcate ed è sormontato da quattro cupole, sotto la prima delle quali è l’entrata che ospita anche una fontanella dallo zampillo di acqua rinfrescante. Le pareti sono rivestite da piastrelle del diciottesimo secolo; sotto la seconda cupola c’è la sala d’attesa mentre la cupola succes­siva copre, sotto l’arco della sua volta, la sacra e preziosa reliquia: il Mantello del Profeta. La nuove sale aperte ai visita­tori sono decorate di belle piastrelle colorate nelle quali predomina il giallo pallido.

Le porte e le grondaie della Kaaba, alla Mecca, racchiuse in scatole d’oro, vengono custodite con ogni cura in speciali contenitori.

All’interno del Santuario, sulla destra, in una teca centrale sono custodite le reliquie del Profeta: un dente scheggiato, un fiasco usato nell’ultima abluzione rituale, un pelo della sua barba, le sue sciabole militari, le orme dei suoi piedi e una lettera autografa, di gran valore, scritta dal Profeta dell’Islam al Capo (Emiro) dei Copti d’Egitto. Uscendo da questo vene­rato recinto, vediamo sulla sinistra la finestra del santuario; l’interno, visto attraverso il vetro colorato di questa finestra, è di uno splendore incomparabile Una griglia d’argento posta davanti ad essa protegge i tesori d’oro e d’argento e le rare seterie custodite all’interno, che luccicano davanti a noi, mentre lampade dorate scendono dal soffitto accrescendo lo splendore dei tappeti di seta pura per il maggiore diletto degli occhi che scrutano nella pace assoluta di questo luogo santo.

Affacciandoci sulla destra, la nostra attenzione è richiama­ta da un pergolato di argento puro; le sue colonne sono coper­te di fiori d’oro in rilievo, traforati nel prezioso metallo. Il capolavoro, che risale al sedicesimo secolo, è abbellito con disegni dorati e fa da preziosa copertura a un reliquiario dentro al quale uno scrigno d’oro custodisce, tra innumerevoli tessuti ricamati, il Mantello del Profeta Maometto, del quale ecco in breve la storia:

Molto compiaciuto di alcuni versi che il poeta Kaab Bin Züher gli aveva dedicato, il Profeta si tolse il mantello che indossava e lo pose sulle spalle del felice vate.

Alla morte del poeta, il re dell’Califfato omàyyade, Muaviye, comprò il mantello dai suoi eredi al prezzo di ventimila pezzi d’argento. Successivamente l’indumento andò in proprietà alla dinastia degli Abassidi. Dopo la conquista e la distruzione di Bagdad da parte di Hulagu Han, la storico mantello fu inviato in Egitto e là nascosto passando in proprietà agli Abassidi che allora governavano la Valle del Nilo. Il Sultano Yavuz Selim (Il Te­merario), durante la sua vittoriosa invasione della Terra dei Faraoni, s’impossessò della sacra reliquia come preda di guer­ra e la custodì nel Palazzo degli Ottomani.

Lo storico indumento, oggetto di gran culto per 1.407 anni, è fatto di lana nera, è ampio alle maniche ed è lungo m. 1,24.

Murad III lo volle custodire nel prezioso scringo d’oro, ora in mostra nel Tesoro, come sopra ho ricordato. Lo scrigno attualmente adibito a racchiudere la reliquia è del regno di Abdul-Aziz.

Sulle pareti rivestite di piastrelle e nei quattro armaci che vi sono murati sono esposti vari oggetti sacri, come le spade dei primi quattro Califfi dell’IsIam e di altri notevoli personaggi la figlia di Moometto, il bastone di Mosè e il turbante di Giu­seppe sono fra i pezzi gelosamente custoditi.

Tutte le reliquie di un’era remota e misteriosa si trovano in questa stanza. Lasciamole in silenzio, per non disturbare il loro eterno riposo.

Quarto Cortile

Dopo Il Santuario dell’ «Hirka-i Saadet»,(Sacre Reliquie) entriamo quarto cortile del palazzo

Ora, poiché sono nelle immediate vicinanze, visitiamo il «Revan Kasri» e la «Sünnet Odasi».

Padiglione Revan-Revan Köşkü

Costruito da Murad IV per commemorare la conquista della cittadella di Revan, in Persia, questo attraente padiglione risale alla metà del diciasettesimo secolo.

La pianta dell’edificio è identica a quella del chiosco Bagdad, che vedremo dopo, con la differenza che la cupola del secondo è abbellita di qualche bel lavoro intarsiato in oro. Gli armadi che si presentano all’interno conservano alcuni manoscritti di gran valore, specialmente quelli della Biblioteca Revan e che erano stati trasferiti nell’Oratorio di Aga, come sopra indicato. Il braciere d’argento al centro è di data rela­tivamente recente, appena settanta o ottanta anni fa, e fu il do­no fatto al Sultano Abdul Hamid II dal personale del Palazzo.

Sala della purificazione-Sünnet Odasi

Sullo stesso spiazzo vediamo la «Sünnet Odasi» (Sala della Purificazione). I fori del locale sono ottenuti da un giuoco di piastrelle colorate e le pareti di verde pallido sono molto riposanti alla vista. Nel vano interno delle finestre erano stati ricavati dei grandi lavabi di metallo dotati di rubinetti su ogni lato che trasformavano perciò le finestre in fontane. Era la sala della purificazione, riservata ai giovani principi, bene illuminata e di aspetto piacevole. Venne eretta al tempo del Sultano İbrahim.

Lasciando questo locale, perveniamo a un’area lastricata dove si erge una fontana. I getti d’acqua centrali che si levano da una artistica bocca di marmo scolpito e i diciannove altri zampilli ricadono tutto intorno, sugli orli perimetrali della vasca.

Pergolato İftar

Il chioschetto sulla sinistra è originale nel suo genere: una cupola, sormontata da insegne dorate e da particolari decora­tivi, sostenuta da quattro sottili ed eleganti colonne, offre ri­paro dalla canicola. Da essa si gode una vista meravigliosa sul Corno d’Oro e sulla costa europea. Fu costruito dal Sultano İbrahim che provava grande piacere a riposarvisi nei momenti di ozio.

Chiosco Bagdad-Bağdat Köşkü

E’ una costruzione ottagonale, coperta da una cupola mol­to ampia che risaie al diciassettesimo secolo; si tratta di un esemplare classico di architettura universalmente ammirato dai competenti. Lo circonda un colonnato di ventidue pilastri e l’esterno dei muri è decorato delle più belle ceramiche del periodo: bianche, verdi, topazio e azzurre. Le piastrelle dell’in­terno, gli armadi sacri e gli altri pezzi dell’arredamento rive­lano il gusto classico decorativo del tempo. Un globo massic­cio su di uno sfondo rosso è sospeso al centro di una gabbia dorata che sembra cadere dalla cupola.

Il braciere d’argento, in mezzo alla sala, si dice sia stato donato alla Corte del Sultano da Luigi XIV di Francia.

Voluto da Murad IV per commemorare la conquista di Bag­dad, fu terminato nel 1639, un anno prima della morte di questo sovrano.

Has Bahçe-Giardino dei Tulipani

E’ un fatto che non sussiste alcun confronto fra i giardini del Palazzo, quali si presentavano un tempo, con la loro abbondanza di fiori e di ogni genere di piante ornamentali, e i prati rasati e i tappeti erbosi modestamente tracciati, quali si presentano oggi. Le rive del Marmara non erano allora spoglie di verzura come lo sono nei nostri giorni. Se osserviamo le antiche stampe o ne proiettiamo le diapositive su di uno schermo, noteremo che questa zona era una volta coperta da una lussureggiante vegetazione; boschetti vegetavano rigogliosi su di un terreno che oggi è nudo; castagni selvatici e ciclamini si specchiavano sull’acqua che restituiva le loro tinte variegate in riflessi dorati.

Dalla cima del Serraglio fino al ponte di Karaköy, la costa era punteggiata da piccoli chioschi armoniosi oltre ogni dire nella loro bellezza ed eleganza. Tappeti di fiori scendevano dal Palazzo, circondati da estesi giardini, e sulla parte retrostante del Palazzo venivano seminati tulipani e altri fiori, li costo di quei giardini e del loro mantenimento ammontava a centinaia di migliaia di lire del tempo. Tutto ciò che ora sopravvive, per ricordare le glorie dei passato, sono pochi resti architettonici, rare porcellane e gioielleria antica.

Gli spiazzi e i chioschi sul mare sono scomparsi per far posto ai nastri d’acciaio di una impoetica linea ferrovaria, ed è diventato difficile ritrovare persino le tracce d quegli svaniti splendori…

La fontana nel giardino è un’opera d’arte: di forma ottago­nale, con tre vasche concentriche, la più alta delle quali in marmo scolpito, è sormontata da una sfera di marmo.

Sofa Köşkü-Chiosco Sofa

Fatto di legno, in tipico stile turco, con vista sul giardino, aveva voluto Ahmet III nel 1704 sull’area di un chiosco precedente.E’ un padiglione d’estate, spazioso e attraente, con le finestre che discendono fino al pavimento, un divano circolare,soffitto stuccato con motivi vivaci.

La parte retrostante del padiglione, trovandosi a un livello più aito rispetto a quella frontale, è unita a quel livello del terreno da una rampa di diciassette scalini che scende fra le due stanze retrostanti; l’edificio, che appare più alto da una parte che dall’altra, è sostenuto da speroni di legno.

Il braciere d’argento al centro del padiglione deve aver dato un tempo vivaci bagliori all’interno, con i riflessi della carbonella ardente.

Sopra le finestre, per tutta la lunghezza delle pareti, si susseguono dei bei versi manoscritti e massime tratte dal Corano e da varie fonti letterarie e poetiche.

Non è dato sapere perché il chiosco fu intitolato a Mu­stafâ Pascià.

Destinato in origine come locale di riposo, venne più tardi adibito a conferenze e importanti dibattiti politici. Fu in esso, per esempio, che venne decisa la campagna contro la Russia, al tempo di Ahmet III.

Sala dell’archiatra-Baş Lala Kulesi

Uscendo dal «Sofa Köşkü» e scendendo verso i giardini del Palazzo, si arriva alla quinta corte del Palazzo; lungo la via notiamo un edificio a forma ai cubo, liscio, con un tetto di legno, chiamato la Torre del Capo Lala. In questo padiglione era insediato il dottore in capo, colui che sovraintendeva all’assistenza medica per tutti gli abitanti del Palazzo. Sotto la sua direzione venivano preparate le varie pozioni per restituire la virilità ai Sultani, unguenti, sciroppi, ecc.! Un altro compito del suo ufficio era quello di provvedere alle signore dell’Harem lozioni, profumi e cosmetici vari per preservarne la bellezza.

Mecidiye Köşkü (Mecidiye Kasr-ı Hümâyunu)-Chiosco Mecidiye

Questo palazzo che domina il Mare di Marmara, nelle vicinanze della ex-capitale, consiste in un solo piano; è l’ultimo edificio entro il perimetro del Palazzo. Vecchio più di un se­colo e mezzo, esso rappresenta il tipo di architettura turca di ispirazione europea. Fu costruito per volere del Sultano Mecid ed è in stile Impero. Tuttavia non fu abitato dai sovrani poiché lasciarono il Topkapi, dapprima per trasferirsi nel magnifico Palazzo Dolmabahçe, poi a Çirağan e infine nel chiosco Yildiz.

Il vecchio Serraglio di Topkapi continuò a ospitare le attempate signore dell’Harem e un gran numero di domestiche.

Le grandi finestre, tutte aperte fino al pavimento e che inondavano l’interno di luce, provano oltre ogni dubbio che il Mecidiye Kasri, era, in miniatura, un fastoso palazzo, degno di quelli che lo precedettero.

I mobili sono del periodo del secondo Impero (francese); il ritratto del Sultano Abdul-Mecid è collocato in una posizione dominante, tale da conferire un’aria di grandezza. Il terrazzo antistante il padiglione offre occasioni uniche per godere un eccellente panorama; domina infatti su due mari: a destra il Marmara, a sinistra il Bosforo.

Saliamo ora in cima al bel giardino. A destra del chiosco di Bagdad, superati gli scalini che ci stanno di fronte, arriviamo ai cortili del Palazzo. Proseguiamo diritti, dal momento che siamo già a conoscenza delle opere d’arte che si trovano sul nostro cammino. Nelle vicinanze della biblioteca di Ahmet III sorge la cucina del Sultano, un piccolo edificio in laterizi. In esso, e non nelle grandi cucine del Palazzo, delle quali si è parlato all’inizio della nostra visita, veniva preparato il cibo del monarca e della sua intima cerchia.

Dopo una breve sosta sulla soglia dell’Harem, entieremo era nei locali degli Eunuchi Bianchi, coloro che avevano l’incombenza di custodire la «Porta della Felicità». L’apparta­mento è ora destinato a ospitare la mostra dei ricami e di simili lavorazioni.

Harem

Oltre il Consiglio Imperiale, a destra, è l’ingresso, mo­desto in apparenza, di un altro mondo; un mondo fatto di intrighi, segreti e vizi: l’Harem. Formato da numerosi locali, stanze per tutti gli usi, camere delle donne e del Sultano, lunghi e silenziosi corridoi, davanzali ornati e tappezzerie risplendenti, è, di fatto, la parte più interessante e attraente del Palazzo.

Ci sono tre entrate nell’Harem: la porta dei Cocchieri nel secondo cortile, la porta accanto alla sezione dei manoscritti e delle rilegature e la porta del Ciambellano (Mabeyn Kapisi), dietro al reliquiario del Sacro Mantello. Quando si visita l’Harem in gruppo, è necessario passare dalla porta dei Coc­chieri (Arabacilar Kapisi). Di lì è possibile dare un’occhiata alla corte degli Eunuchi, i servi negri e i custodi delle donne del Palazzo.

Essi abitavano nell’edificio a sinistra, con i portici, ospitati nelle stanze secondo il loro rango: i meno esperti in cima, gli anziani e gli esperti ai piani bassi. Probabilmente vi veniva applicata la riflessione filosofica secondo cui il giovane deve vivere nei luoghi più alti e, via che invecchia ed è più vicino alla terra, deve andare ad abitare ai piani inferiori! Il grosso tamburo che si vede appeso alla parete era usato per svegliare il popolo per il «sahur» (un cibo mangiato all’alba in preparazio­ne del digiuno) nel Ramadan. Quanto ai bastoni e agli altri ogetti appesi alle pareti, venivano usati per punire gli eunuchi che si rendevano colpevoli di qualche mancanza. Una volta tanto, questi poveraci avevano anche da sopportare le ba­stonate, come se la punizione perenne di essere castrati e imprigionati fra quelle mura non fosse sufficiente.

Se ne deduce che non c’è fine ai castighi a questo mon­do. Perciò, lieti di trovarci nella condizione in cui siamo, ritiria­moci da questi luoghi di tortura e dallo squallore di questa storica commedia.

Entriamo nell’Harem vero e proprio; uscendo dai locali degli eunuchi ci troviamo proprio di fronte alla porta principale.. Uno sportello nel corridoio serviva per deporvi i vassoi del cibo portati all’Harem dalle cucine. In fondo al corridoio c’è il cortile lastricato delle schiave. Quattro delle stanze che guardano su questo cortile appartenevano alle mogli ufficiali del sovrano (Kadin Efendi). Sullo stesso cortile si aprivano anche diversi bagni turchi (hamam). Ad uno degli appartamenti è ammesso il pubblico dei visitatori affinché si possa fare un’idea di come erano arredati i vani, con la loro tipica mobilia, della vecchia Istanbul. Si tratta di locali che servivano da soggiorno o anche da camere da letto.

Proseguendo, si entra nel cortile più vasto, chiamato il Cortile Lastricato della Madre-Sultana.

La porte del salone con il caminetto che conduce a questo cortile lastricato è detta la Porta del Trono. Quando un princi­pe diventava Sultano, lì aveva luogo la cerimonia iniziale deH’incoronazione. Il nuovo sovrano, assiso sul trono sistemato davanti a questa porta, riceveva il giuramento di fedeltà do­vutogli dagli abitanti dell’Harem prima che da ogni altro suo suddito. Quindi prendeva posto sul trono davanti alla Porta della Felicità, nel secondo cortile, dove gli alti dignitari dello Stato, gli ufficiali dell’ esercito, gli esponenti della cultura e della religione giuravano obbedienza.

Salone del caminetto

Il salone nel quale entriamo attraverso la Porta del Trone che si apre sul cortile lastricato della Madre-Sultana, prende il nome dal suo piacevole caminetto che si trova, col suo para­vento di rame dorato, proprio di fronte alla porta. Fu costruito durante il regno del Sultano Mehmet IV, quando nell’Harem furono aggiunte splendide innovazioni di ogni specie. Il cami­netto è un’opera d’arte pregevole quanto quella che abbiamo già visto nel chiosco Bagdad.

Il salone del caminetto è coperto in parte da una cupola e in parto da un tetto piatto. Le sue finestre, le sue porte di noce e i suoi armadi a muro, incisi con disegni geometrici e intar­siati di madreperla e gusci di tartaruga, sono capolavori dell’artigianato turco e le sue pareti sono decorate con smaglianti piastrelle.

Una delle porte del salone del caminetto dà accesso al salone della fontana.

Salone della fontana

Il locale prende nome da una suggestiva fontana di marmo sulla quale è incisa la data 1666 (l’anno 1077 dell’Egira). Come il precedente, fu costruito verso la metà del diciassettesimo secolo, sotto il regno del Sultano Mehmet IV. Il salone della fontana è coperto da una cupola e non ha finestre.

Sulle sue porte è inciso il seguente distico in persiano, in lettere di madreperla su di uno sfondo di gusci di tartaruga: «O Sultano, possa la tua prosperità durare fino al giorno del giudizio; siano lieti e contenti i tuoi amici e i tuoi nemici pieni di sventure!».

Salone del Sultano-Hünkar Sofası

E’ la sala più grande e più decorata dell’Harem; lunga 34 passi e larga 20, è divisa in due parti da una fila di sei colonne marmoree unite da archi. La prima parte è coperta da una grande cupola; il piano della seconda parte, di fronte ad essa, è costituito da una balaustra di legno, dorata e intarsiata di madreperla che si può considerare un’opera d’arte di gran pregio. Le finestre si affacciano sul giardino pensile e sul cortile lastricato con il laghetto.

Il salone del Sultano fu disegnato dal famoso Sinan nel sedicesimo secolo. Si narra che in passato le pareti fossero tutte rivestite delle piastrelle più pregiate al tempo in cui visse il grande architetto. Ma quando, sotto il regno di Osman III, il locale dovette essere riparato, la maggior parte delie pia­strelle venne rimossa. Rimasero solo quelle intorno al salone, nel punto in cui la grande cupola si congiunge alle pareti, e sulle quali sono scritti dei versi del Corano. Le piastrelle ori­ginali furono sostituite da decorazioni in stile rococò, colorate e dorate; anche l’interno della cupola fu affrescato con disegni nello stesso stile. Notiamo anche l’arredamento europeo : se­die e sofà portati a Palazzo per la prima volta. Nella prima par­te del salone del Sultano, cioè quella sotto la cupola, le schiave del sovrano solevano danzare per intrattenerlo. Sopra le colonne c’è un soppalco squisitamente ornato d’oro dove sedevano cantori e musici. Ci sono anche tre stupende fontane di marmo che accrescono vieppiù la bellezza del locale. Le preziose cornici dei quattro grandi specchi nel salone sono i tarsiate di frutta dorata e foglie di vite. Due di questi specchi, sulla sinistra, nascondono la porta che dà accesso al soppal­co. La porta segreta che sta dietro io specchio sulla destra immette invece nella sala da pranzo di Ahmet III. Oltre a queste porte segrete, celate dietro agli specchi, la magnifica sala conta altre porte che conducono alla camera da letto di Murad III e al corridoio comunicante con la stanza da bagno del Sultano. Di fronte al punto in cui il monarca era solito sedere, un globo di cristallo scende dal soffitto. Quelle danzatrici ca­paci di spiccare un salto fino a toccarlo erano considerate di speciale talento.

La camera da letto di Murad III-Murad III Has Odası

La camera da letto di Murad III è uno dei locali più sontuosi non solo dell’Harem ma anche di tutto il Palazzo Topkapi. Fra i vani adibiti ad abitazione, la si può considerare un no­tevole capolavoro dell’architettura turca del sedicesimo se­colo.

La camera, coperta da una grossa cupola che poggia su quattro ampi archi, è arricchita da piacevoli piastrelle, da un caminetto d’ineguagliabile bellezza e da una stupenda fontana le cui acque fluiscono come una cascata da una vasca all’altra. Tali la dovizia e l’armonia che l’estro artistico ha dispiegato con questi gustosi pannelli di ceramica del sedicesimo secolo, da farci pensare a uno dei giardini del paradiso. Tale lo splen­dore delle finestre dai vetri colorati, dei disegni sotto la cupola, della fontana, del caminetto, di questi letti a canapé che, non appena si entra nella camera, non si può fare a meno di restare abbagliati.

La camera da Ietto di Murad III ha una porta che conduce alla biblioteca del Sultano Ahmed I, usata anche come studio. Di là passiamo nella sala da pranzo del Sultano Ahmed III. Solo una porta separa quest’ultimo dal salone del Sultano; talché il visitatore può vedere questi quattro vani di ecceziona­le bellezza passando semplicemente dall’uno all’altro.

La biblioteca di Ahmet I-Ahmet I Has Odası

Si tratta di un locale magnifico, stupendamente decorato, che noi potremmo restare ad ammirare per ore intere. Ci dà quasi l’impressione che sia il capolavoro di un abile gioielliere. Con la sua piccola cupola, le sue piastrelle azzurre e verdi, i suoi incantevoli disegni dorati dalle sfumature a pastello, i suoi pennelli e le sue nicchie di marmo levigato, i suoi ripo­stigli e armadi intarsiati di madreperla e gusci di tartaruga. in un certo senso simboleggia lo splendore, il lusso, l’opulenza, il gusto raffinato e nobile della Turchia del passato.

Entrando in questo locale vediamo sulla destra una fontana quanto mai sfarzosa. Gli archi che sostengono la cupola, e la cupola stessa, sono rivestiti di piastrelle che recano linee orizzontali e verticali nonché piccoli cerchi. Fra queste linee azzurre e verdi e dentro i cerchi degli stessi colori sono scritti versi del Corano e poesie in arabo.

Sala da pranzo di Ahmed III-Ahmed III Has Odası

La sala da pranzo di Ahmed III è un piccolo vano con un soffitto basso. Le pareti e il soffitto sono interamente laccati con un tipo speciale di vernice turca. Sulla lacca, disegni ao­rati di fiori e frutta ornano versi di poesie arabe. Proprio al centro del soffitto è fissato uno specchio quadrato che cam­peggia tra i disegni dorati di cui anche il soffitto è decorato. Dall’iscrizione in versi turchi, incisa sulla porta, apprendiamo che la sala da pranzo fu approntata nel (1975 (il 1117 dell’Egira).

Proseguendo, si arriva all’ appartamento dell’erede legit­timo, quindi al cortile delle favorite, alle sontuose piastrelle sotto la scalinata e infine alla Via d’Oro.

Via d’Oro-Altın Yol

La Via d’Oro è il lungo corridoio che congiunge il secondo posto, dove gli Eunuchi Neri facevano la guardia, e la Porta del Ciambellano, dietro il reliquiario del Sacro Mantello. Non ci è dato conoscere la ragione per cui a questo corridoio, che appare decorato, su entrambe le pareti, di incantevoli piastrel­le, sia stato dato un nome così bello.

All’inizio della Via d’Oro, una porta sulla sinistra immette al cortile pavimentato della Madre-Sultana; al suo termine, una porta sulla destra conduce al passaggio che comunica cori il reliquiario del Mantello Sacro. Era attraverso la Via d’Oro che i sovrani passavano dall’Harem al reliquiario del Mantello Sacro. Le porte che conducono alle camere private delle mogli ufficiali del sovrano, cioè le «Haseki(Cubicularia)Sultana», si aprivano su quello stesso corridoio.

Di fronte agli appartamenti delle «Haseki(Cubicularia) Sultana» c’è una scalinata stretta e ripida che conduce a un’abitazione più piccola. Durante il colpo di Stato del 1808, i partigiani del Sul­tano Mustafa IV attaccarono l’Harem allo scopo di uccidere il principe Mahmud, l’erede legittimo. Il principe si rifugiò nella stanza di una donna che abitava in questo appartamentino e che si chiamava Cevri Kalfa. La donna si attestò in cima alla scala stretta e difese il principe lanciando manciate di cenere in faccia ai rivoltosi. Frattanto Alemdar Mustafà Pascià accorse in aiuto del principe che fu così salvato e salì al trono otto­mano con il titolo di Mahmud II.

A sinistra della Via d’Oro c’è un altro corridoio che gli abitanti dell’Harem chiamavano «II Luogo di Convegno degli Elfi» (Cinlerin meşveret yeri). Secondo una superstizione invalsa da secoli gli elfi solevano incontrarvisi ogni notte per discutere sulle diavolerie che in faturo avrebbero potuto

commettere. Perciò, chi si fosse avventurato per questo cor­ridoio di notte avrebbe potuto essere colpito da paralisi o da pazzia.

La leggenda non manca del suo significato. Infatti, proprio questo corridoio conduce a quella grande e splendida prigione, imperiale stupendamente decorata, che si chiama «Gabbia» (Kafes) dove l’erede legittimo e gli altri principi venivano imprigionati.

Appartamento della Madre-Sultana-Valide Sultan Dairesi

E’ un ampio appartamento che occupa tutto lo spazio fra il cortile pavimentato della Madre Sultana e il Giardino dell’Harem squisitamente decorato, con pareti fasciate di ricevimento e dalla camera da letto.

Il Salone della Madre-Sultana ha due vani adiacenti. Con le sue delicate incisioni in legno dorate, i paesaggi dipinti sulle pareti, i vetri colorati su telai stuccati nella parte supe­riore delle finestre, il Salone può essere considerato un locale delizioso dell’Harem. Lo stesso lusso caratterizza il salotto per ricevimenti che serviva anche da sala da pranzo. Le porte degli armadi scolpite con madreperla e gusci di tartaruga sono capolavori di artigianato artistico. La stanza è coperta da un’ampia cupola affrescata con disegni dorati.

Anche la camera da letto della Madre-Sultane è un locale dell’Harem squisitamente decorato, con pareti fasciate di piastrelle e disegni dorati in rilievo. Il soffitto ha una forma piuttosto particolare: in parte è piatto, in parte consiste in una serie di piccoli archi sostenuti da colonne di marmo. La camera è illuminata da piccoli lucernai che si aprono in questi archi.

Come nelle altre camere da letto del Palazzo, anche in quella della Madre-Sultana c’è un Ietto sormontato da quattro pilastri di legno scolpito. L’alcova ha una cornice di legno dorato e ung specie di balaustra dorata, formando perciò una specie di balconata. Presumiamo che una o forse alcune schiave molto intime della Sultana dormissero su questa specie di balconata salendovi per mezzo di una scaletta che veniva rimossa ogni giorno. Il soffitto della camera è indorato doviziosamente e le porte scolpite con mano delicata: sono di madreperla e gusci di tartaruga e recano incisi dei versi del Corano. Su di un lato della porta è scritta la data 1667 (1078 dell’Egira).

Usciti alfine da questo mondo d’oro, piastrelle, tappeti, madreperla, eunuchi, gelosie, insaziati appetiti sessuali, bel­lezze selvagge, elfi e fate, andiamo verso il giardino.

Sala delle carrozze

Prima di terminare la nostra visita a questo storico mondo così pieno di memorie e di bellezze, e prima di essere del tutto sazi degli splendori offertici alla contemplazione, dobbia­mo fermarci alla sezione dove si conservano le carrozze da cerimonia della Corte. Prendiamo quindi la via che là ci conduce per mezzo di una dolce pendenza sulla nostra destra.

Notiamo i quartieri degli staffieri e gli uffici del «Mirhaur Aga» (Gran Maestro delle Scuderie di Palazzo), che hanno sede negli edifici noti come «Raht Hazinesi». Non sorprendetevi per la relativa modestia che oggi hanno questi locali. In passato contenevano oggetti di un valore pari a quello di diversi palaz­zi: vi erano depositate catene, morsi, finimenti, selle, gualdrappe ornate con dovizia e coperte d’oro, argento e pietre preziose. E sotto la più stretta vigilanza. Tuttavia, dopo lo scioglimento del corpo dei Giannizzeri da parte del Sultano Mahmut II t1826) e la sua sostituzione con le nuove formazioni militari note come «Asakir-i Mansure» (Esercito Vittorioso), tutte le ricchezze accumulate nelle scuderie e nei locali dipendenti furono disperse e le pietre preziose staccate e vendute al fine di pagare le spese per la creazione di un nuovo esercito regolare.

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