Museo dell’Antico Oriente-Tante Foto, Ingresso, Migliore Guida

 

Accanto all’entrata del parco, sulla destra, una strada in lieve salita ci conduce a sinistra al Museo dell’antico Oriente(in turco Eski Şark Eserleri Müzesi), ospitato da uno costruzione semplice, ma in compenso ricca di curiosità di valore immenso.

Il Museo dell’antico Oriente è una importante sezione dei musei archeologici d’Istanbul ed è incontestato il suo posto tra le istituzioni similari del mondo intero. Esso racchiude una ricca collezione d’opere d’arte c di documenti relativi olle civilizzazioni del Medio Oriente: Mesopotamia antica, periodo dell’antico Egitto e dell’Anatolia, cultura pre islamica cella penisola araba.

Una grande parte delle opere che racchiude queste museo è stata scoperta nel corso degli scavi effettuati tra il XIX secolo e l’inizio della I Guerra mondiale. Le contrade dove ebbero luogo le ricerche archeologiche, dipendevano, allora, dall’Impero Ottomano, i pezzi scoperti furono trasportati o Istanbul. Un’altra parte del Museo fu riunita dai governatori dell’Impero e consegnata, sotto forma di diverse collezioni, al museo archeologico della capitale.

Esposte inizialmente con le opere antiche della Grecia, Roma e Bisanzio nel complesso del Museo archeologico, I pezzi dell’antico oriente furono sistemati nel 1917 nella sede attuale, che era stata costruita nel 1883 come Accademia delle Belle Arti.

Contenuti

Mappe

 

Museo dell’Antico Oriente su Mappa(Google Maps)

 

Posizioni di tutti i monumenti storici su piudistanbul.com sulla mappa (Google Maps)

 

Contattaci per Visite Guidate

 

Orari d’Ingresso

Estate: 1 aprile – 30 ottobre, aperto tutti i giorni tranne lunedi dalle 9:00 alle 18:45.

Inverno: 31 ottobre – 31 marzo, aperto tutti i giorni tranne lunedi dalle 9:00 alle 16:45.

Ultimo ingresso e chiusura della biglietteria: 45 minuti prima dell’orario di chiusura.

Prezzo del biglietto: 36 TL
Bambini fino a 12 anni: gratis (documento d’identità richiesto)
Istanbul Museum Pass è valido qui.

Istanbul Museum Pass – Ingresso ai musei e moschee

Opere dell’Arabia Preislamica

La prima sala del museo racchiude, per la maggior parte, opere dell’Arabia del sud. Un piccolo numero di questi reperti furono scoperti a Nabatèo, nell’Arabia del nord. Ma non sono pezzi scoperti in seguito agli scavi. Essi furono riuniti nelle diverse città dell’Arabia da Ismail Pascià, sotto governatore di Taif. Questi due alti funzionari spedirono nel 1880 a Istanbul le collezioni che essi avevano riunito. Vi si vede delle iscrizoni, dei rilievi, delle stele, delle statuette di cui rimangono solo le teste. Da aggiungersi due sculture di grandi dimensioni come pure degli oggetti di pietra e di bronzo.

Le condizioni naturali della penisola araba avevano ge­nerato due culture differenti e specifiche, una al nord e una al sud. L’Arabia del sud, anticamente, fu abitata da diverse po­polazioni. A partire del primo millennio si formarono delle città-stato, in lotta permanente l’una contro l’altra.

All’entrata della sala, accostata al muro, due sculture monumentali, in argilla rossastra, prive di testa, e scoperte davanti a un tempio di El-Ulà, nell’Arabia del nord. I loro torsi sono nudi, una specie di veste, molto stretta ai fianchi, scende fino ai talloni. Queste due sculture, senza alcun dubbio uscite dalla mano dello stesso artista, presentano un’amalgama di stile locale ed egiziano (lll-l secolo a. C.).

Una grande testa in arenaria rossa, sul muro, a sinistra entrando, fu scoperta a Medain Salih, nell’Arabia del nord, e porta uno scialletto chiamato «kefiye», utilizzato dai nomadi, arabi. Questa opera è legata a quelle già citate (lll-l secolo a. C.). Si può vedere sullo stesso muro, scoperto nello Yemen, in Arabia del sud, un bellissimo marmo, lavorato a rilievo, rappresentante un edificio e costituente un prezioso docu­mento dell’architettura della regione arabica (IV-I secolo a. C.).

I pezzi che ornano questo muro sono degli esempi di scrittura. Sono delle iscrizioni semitiche in alfabeto fenicio. Le lettere sono lavorate, in rilievo, su pietra e si allineano su due opposte direzioni (beustrophdeon). In seguito, questa specie di iscrizioni si leggevano da destra a sinistra ed erano sempre lavorate in rilievo.

La vetrina numero I contiene le opere dell’Arabia del sud. La più parte sono degli oggetti trovati nelle tombe, come ex- voto. Le teste in marmo e le statuette in calcare, che si possono vedere in questa vetrina, sono state trovate nelle tomba. Le teste erano incastrate in nicchie rettangolari, come si può ricostruire nella vetrina. Il vaso cilindrico con iscrizione, il manico del candeliere a testa di toro, il tridente di una lancia, la mano e la statuetta del cavallo, sono tutti interessanti esemplari del lavoro in bronzo dell’epoca. L’iscrizione sul cavallo indica che questa statua fu offerta alla dea del sole. Sul muro di destra si vedono dei bassorilievi in marmo che costituiscono degli eccellenti specimen di lavoro in pietra della stessa epoca. Un bassorilievo, rappresentante la lotta di un serpente con l’aquila costituisce un bellissimo pezzo di questa collezione.

Le stele funerarie di questo periodo rappresentano delle scene di vita quotidiana, e, a questo titolo, sono di grandissimo interesse. Le figure dei morti riproducono dei tipi di guerrieri, di cacciatori, agricoltori come pure dei rappresentanti di diverse arti e mestieri.

Davanti alla finestra (inventario n. 7664) vi si trova un quadrante solare in argilla rossastra venuto da Medain-EI- Salih (I secolo a. C.).

Opere Egizie

 

Un insieme di stele, altari, sfingi, piedestalli di colonne, sculture e frammenti di templi, tombe e sarcofagi, costituisce la sezione egizia del museo. Il nome e la qualità del morto erano generalmente scritte sulla sua stele. Il rilievo di cui la stele era ornata rappresentava il morto davanti all’altare, nella posa di ricevere i doni dai suoi parenti. La «stele della porta falsa» (1567-1085 a.C.) e la «pietra tombale» (1567-1085 a.C.) sono rappresentative di questo stile. Certe stele parlavano delle iscrizioni sulle qualità del defunto, oppure una preghiera funebre o una poesia.

 

Gli altari che si trovavano nei templi, dedicati ai morti, rivelavano qualche volta il nome del defunto. Dei rilievi rappresentano il pane, la carne, diversi cibi, frutta e fiori necessari al nutrimento del morto. La bevanda offerta agli dei si spargeva attraverso piccoli canali scavati ai quattro angoli dell’altare e cadevano in recipienti attraverso delle cannucce (Inv. n. 10831, 1083).

I sarcofagi — Si sa che secondo le credenze egiziane, l’uomo continuerebbe a vivere aldilà della morte. Il suo corpo era dunque mummificato con cura. In seguito veniva seppel­lito nelle piramidi, «mastaba» o in altre sarcofaghi che poteva­no variare secondo la posizione sociale del defunto. Certe tombe modeste erano scavate nella sabbia. Nelle tombe monumentali le mummie erano poste all’interno di una serie di due o tre sarcofaghi. Alcuni sarcofaghi, che si possono ammirare nella II vetrina furono scoperti dall’egittologo fran­cese Eugène Grébaut nel 1891, al momento degli scavi in­trapresi a Darel-Bahri, antico cimitero della città di Tebe. Questi sarcofaghi erano riservati ai sacerdoti o sacerdotesse del tempio dedicato al Dio Ammon (inv. n. 10872, 10891, 10875). Questi sarcofaghi in legno, a forma antropoide, dap­prima erano stati ricoperti d’una fine coltre di gesso, sulla quale furono dipinte scene mitologiche e iscrizioni religiose (inv. n. 11851).

Scoperte d’oggetti minori — Gli egiziani offrivano ai morti diverse cose che dovevano sostenerli nella loro seconda vita. La sezione A del museo espone qualcuno di questi oggetti: maschere, serpenti sacri «Uracus», scarabei, statuette «Uscebti» e diverse collane. Gli Uscebti erano gli operai che aiutavano lo scomparso nei suoi lavori dell’aldilà, cioè nel «paese dei morti».

Gli egiziani, politeisti, avevano immaginato i loro dei sotto forma d’esseri umani e animali. Alcune di queste divinità uni­vano nella stessa immagine, sia l’aspetto umano che quello animale. «Rha, dio del Sole, della città di Eliopolis, è una della più importanti divinità egiziane. La vetrina della sezione B espo­ne il dio sole «Rha Herakti», simbolo dell’aurora e del tramonto, nel suo splendore. Ai suoi lati si trova Maat, deessa della Giu­stizia e dell’Onestà. Osiris, dio del «paese dei morti», la sua sposa, la deessa Isis, il loro figlio il dio Horus formano un gruppo di divinità della città di Eliopolis. Ptah, il grande Dio creatore della città di Memfi, Sehmet, sua sposa dalla testa di leone, e il loro figlio Neferti, dio dei profumi, sono un gruppo a parte. Enumeriamo inoltre le divinità egizie più importanti: Neit, dio della guerra, Hons dio della luna, Anubis, dio della mummifi­cazione, Min, dio della nascita, la dea-gatto Baştet e il divino bue-Api. La vetrina che ci interessa contiene ancora la statuet­ta del dio Osiris, regalo alla Turchia della Repubblica Egizia­na, per la sua partecipazione all’aiuto internazionale per la salvaguardia delle opere archeologiche, al tempo della costru­zione della diga di Assuan.

 

Mesopotamia

La maggior parte delle opere che costituiscono la collezione mesopotamica del museo proviene dalla regione che si trova tra i fiumi Dicle (Tigri) e Firat (Eufrate). Questi pezzi illustrano la cultura mesopotamica, una delle più importanti nella storia della civilizzazione e si situa tra il quinto e il terzo millennio a. C.

 

Le più antiche testimonianze sono i vasi colorati dell’epoco di Tell-Halaf e alcuni strumenti in pietra, scoperti negli scavi del Villaggio di Yunus, nelle vicinanze di Kargamis, a sud-est di Gaziantep. Una parte del vasellame che si può vedere nella vetrina fu modellato a mano, altri al tornio e poi cotti nel forno. La civiltà Tell-Halat si situa verso il quinto millennio a. C. Un vaso, di cui la parte superiore è decorata da motivi colorati e un bicchiere in terracotta risalgono all’ultimo secolo del terzo millennio. Verso la fine del quarto millennio a. C. i Sumeri s’installarono in Mesopotamia. Si discute ancora la loro prove­nienza e la ragione che li spinse a lasciare la loro patria d’ori­gine. Quello che è certo è che portarono un nuovo ordine sociale e le basi di una grande civiltà in Mesopotamia. All’inizio del terzo millennio a. C. essi inaugurarono una fase luminosa nella storia dell’umanità con la loro scrittura pictografica che è all’avanguardia della scrittura cuneiforme. Le ricerche fatte prima della I Guerra mondiale permisero di localizzare i primi stabilimenti sumeri nella Mesopotamia del sud, quindi l’origine della loro cultura si situava in quella regione. Però questa ipo­tesi non fu valida dopo le vesti sumere scoperte nel nord della Mesopotamia. La vetrina n. 5 contiene qualche scoperta fatta nei centri sumeri nel sud della Mesopotamia. Le dimensioni delle sculture che si possono vedere sono inferiori a quelle normali. Le mani di queste figure sono incrociate sul petto, una veste li avvolge dalla vita alla punta dei piedi. Queste figure, sul cui viso si nota un lieve sorriso, esprimono un disinteressa­mento totale verso le cose materiali di questo mondo, mentre hanno un certo rispetto per le loro divinità. Certi portano delle soritte che permettono di identificarli I vecchi capi dei villaggi sumeri, gli alti funzionari e le persone notorie facevano fare le loro statue che poi venivano piazzate nei templi. Al fondo della sala si vede una dimostrazione della tecnica del muro che concerne l’utilizzazione dei mattoni rettangolari di cui la faccia esteriore è di forma convessa. Questa tecnica tutta particolare è una caratteristica dell’architettura del periodo Erhanadan. Qualche mattone porta le scritte che nominano Urnanshe Eannatum, Entemena, re della famiglia di Lagash.

In alto, sul muro, si trovano due iscrizioni votive del primo re Ur-Nanse, della famiglia di Lagash. A destra, il re è rappresentato mentre si avvia a sinistra verso il tempio con un paniere, sulla testa, che contiene dei doni. A destra, si vedono allineati in due ranghi, in atteggiamento rispettoso, i figli e il personale del palazzo. In basso; una scena che riguarda la costruzione del tempio. La vetrina n. 5 contiene un’altra iscri­zione di Ur-Nanse, dei leoni del trono di suo figlio Akurgal, una testa di toro in bronzo sempre dello stesso periodo, e degli oggetti cilindrici. Questi sigilli servivano per chiudere le porte che custodivano i diversi oggetti preziosi. Ogni tanto questi oggetti si conservavano nei recipienti con l’apertura ricoperta da una stoffa o dalla pelle, chiusi bene, fissati e infine timbrati. Anche le porte venivano fissate solidamente e l’operazione era diretta da un prete. La vetrina n. 6 contiene diversi oggetti utiliz­zati nella città di Fara (Suruppak), vasi di culto, armi in bron­zo, utensili, timbri cilindrici, scatole contenenti materiale di bellezza femminile e cosmetici per il trucco, collane, orecchini. Questi oggetti sono del periodo Erhanedan.

Si possono vedere differenti inaffiatoi di terracotta e di pietra nella vetrina n. 7 Si può pensare che i timbri apparte­nenti ai due re Accadi, conservati in questa vetrina, siano i primi della storia dell’umanità. Le stele che si trova presso la vetrina, deve essere, secondo la iscrizioni che l’ornano, del re Naramsin. Questo pezzo, scoperto nel villaggio Pir Huseyin, vicino a Diyarbakir, è doppiamente interessante perchè indica le frontiere del reame ed anche perchè rivela certe porticolarità del periodo. Questa stele costituisce uno dei più impor­tanti documenti della civiltà accade, scoperta fino ad oggi.

Lo stato degli Accadi si dissolse nel 2159 a. C. dopo le invasioni dei Goti, tribù montanare. La vetrina n. 9 contiene i pezzi che sono in possessione del Museo relativamente al pe­riodo di Ur III: una scultura rappresentante la Gudea con le mani incrociate sul petto. Il corpo di questa scultura è stato realizzato riparando e unendo i vari pezzi trovati in zone diverse. Per quanto concerne la testa, essa è la ricostruzione della testa originale di Gudea che si trova nel Museo di Ber­lino, II periodo antico babilonese si situa tra il 2000 e il 1594 a.C. quando il grande re ittita Mursiliilo dede fine all’egemonia della famiglia babilonese. Due sculture importanti appartengono a questo periodo: a destra quella di Puzur lştar, governatore di Marie e a sinistra quella di suo padre. I pesi che si possono notare dietro alle sculture, a forme di oca, servivano come misure di peso in Mesopotamia antica dal periodo di Ur III. La misura preferita era l’oca mentre dorme. Questi pesi, pezzi importanti del museo, furono scoperti a Babilonia ed appar­tenevano al prete Mubbalim-Marduk.

Nella vetrina n. 10 sono esposti rilievi e statuette in terra­cotta, esemplari fra i più importanti dell’arte babilonese. La vetrina XI contiene pezzi scoperti nei cimiteri della città di Kal’at Sergat, nella vecchia Assiria. Sui muri laterali si vedono i rilievi che ornavano il palazzo di Assurnarzipal li a Nimrut (Kalhu). All’uscita di questa saia si può notare la testa di un Lamassu, una specie di mostro con ali, metà uomo, metà toro, che pro­teggeva dagli spiriti maligni, facendo da guardia alle porte dei palazzi assiri.

Nella sala seguente, le steli che si trovano davanti alla pare­te in vetro, appartengono ad alti funzionari che hanno dato i loro nomi agli anni del calendario assiro. La stele che si trova nel centro della sala è uno degli oggetti più importanti del museo. Il ministro dei re Salmanasar IV e Tiglatpileser III, Del-Harren-Beli-Usur aveva fondato la città di Tel-Abda e eretto la sua stele nel tempio che aveva fatto co­struire in questa città.

La sala seguente, dedicata a l’Assiria interna, ospita gli ortostati scoperti negli scavi d’Arslantaş (Hadatu). Si possono vedere i carri reali e i loro guardiani e differenti gruppi dell’ esercito assiro. Si tratta di pezzi che risalgono al regno del re Tiglatpileser III. Su uno dei muri di questa sala si trova una delle due stele che il re Sanherib fece innalzare sulla sua stra­da imperiale di Ninive. L’iscrizione che è incisa sulla stele, è d’una importanza capitale per quanto riguarda l’urbanistica, applicata in questo periodo storico. Sullo stesso muro si trovano due bassorilievi che ornavano il palazzo di Sanherib e di As- surbanipal. La grande vetrina di questa sala contiene pezzi della nuova Babilonia e del periodo dei Parti. Un’altra vetrina protegge le opere del periodo degli Urartu. Questi ultimi, forte popolo del gruppo Hur, vivevano in Anatolia dell’est, durante il IX e VI secolo a. C. Gli Urartu erano molto abili nella lavo­razione del metallo e le opere dei loro artigiani venivano utiliz­zate nella regione occidentale, nella prima metà del primo millenario. I mattoni colorati e verniciati, che rappresentano degli animali, sistemati sul muro del museo, provengono dalla doppia porte (porta d’Istar) che univa le mura esterne a quelle interne di Babilonia. Mentre i leoni appartengono alla strada imperiale.

 

 

Le Opere dell’Anatolia

Nel 3000 a . C. l’Anatolia giunse alla scoperta del bronzo. In questo periodo della storia della civilizzazione anatolica, si nota un rapido sviluppo della vita cittadina, come diretta conseguenza dello sviluppo economico e commerciale. Le piccole città, che rappresentano anche altrettanto staterelli s’arricchiscono, l’architettura si perfeziona. Ma, insieme ai quartieri dove si elevano le grandi case e le proprietà appar­tenenti a personaggi fortunati, si sviluppano degli agglomerati molto più modesti, come si vede anche oggi nei paesi «in via di sviluppo»! Le cittadelle sono attorniate da mura, le quali attestano la necessità di una difesa contro gli attacchi esterni. Le ricerche e gli scavi effettuati ad Alacahöyuk, Alisar, Karahöyük, Kültepe, Beycesultan, Troya, Tarsus, Yümüktepe, Tilme- höyük permisero la scoperta di città dell’età del bronzo.

Le tombe regali di Alacahöyuk in modo particolare, ci tecero constatare la ricchezza dell’età del bronzo in Anatolia e la perfezione tecnica che rivelarono i differenti oggetti bronzei scoperti nelle tombe.

E’ possibile che gli oggetti esposti qui appartengano all’età del bronzo delI’Anatolia centrale e, basandoci sulla somiglian­za delle scoperte fatte ad Alacahöyuk, si può farle risalire ver­so gli anni 2300-2100 a. C. Gli esemplari che mostra il museo appartengono dunque all’antica cultura anatolica, chiamata cultura Hatti. Gli strati archeologici, in mezzo ai quali si constata i reperti di cittadelle incendiate, indicano la fine delle agglomerazioni dell’età antica del bronzo, fine che si può situare agli ultimi anni del terzo millennio a. C.

Invasioni straniere, l’avanzata di tribù nuove indicano gli inizi di un’era nuova, anche se noi manchiamo di sorgenti storiche che ci permettano di fissare l’epoca precisa dell’inizio di questa età nuova. Perchè l’età dei bronzo antico in Anatolia è, come si sa, priva di altri documenti.

L’era delle colonie, in Anatolia, agli inizi dell’età del bronzo medio, si situa proprio al contrario della nostra era, cioè alla fine del ventesimo secolo prima di Cristo. E’ allora che gli Assiri, pure, crearono in Anatolia le loro colonie di commercio, e i mercati. La scrittura che essi impiegavano ci illumina sugli inizi di questo periodo storico dell’AnatoIia. Kültepe-Kanesh, Alisar, Bogazköy-Hattuşa e Acemhöyuk furono, come si sa, le principali città dell’era delle colonie. Altrove le scoperte fatte a Kültepe costituirono i più ricchi documenti antichi pervenuti fino ai nostri giorni, e ci rischiarano su certe particolarità di quest’epoca storica.

 

I capi delle tribù anatoliche, giunti a una certa potenza soppressero la superiorità delle colonie commerciali assire. Le tavolette scoperte a Kültepe e risalenti alla fine del ventesimo secolo a. C. ci rivelano certi nomi, secondo ; quali ci è permes so di fissare che gli Ittiti, di lingua indo-europea, s’infiltrarono a Kenesh. Oggi si può supporre che ia popolazione locale anatolica potè mescolarsi a questa nuova tribù e ciò fino elio stabilimento dell’impero ittita, il quale faceva parte del gruppo indo-europeo, come si può ammettere che le frontiere di questo popolo si stendevano dall’Anatolia verso la Siria e la Mesopotamia.

La vetrina consacrata ai reperti scoperti in Anatolia contie­ne un’ascia di bronzo del periodo bronze antico ittita. Un gruppo d’antichi vasi ittiti è di provenienza anonima. All’angolo sinistro della stessa vetrina si possono ammirare orcioli con becco, fine lavoro, verniciati, a tinta unita, degli oggetti (ritons) a forma animalesca (di cui uno scoperto negli scavi ad Amasya). Parecchio altro vasellame, proveniente dagli scavi di Boğazköy, trovano ugualmente posto in questa vetrina.

 

Una delle due vetrinette della sala espone una brocca a becco, scoperta a Sanus, presso Tokat, che è senza alcun dubbio uno dei più preziosi esemplari del genere con la sua forma finemente slanciata, il suo coloro brillante rossastro e la sua decorazione. L’altra vetrina contiene un frammento di una giara decorata da un sigillo cilindrico rappresentante una scena di libagione e caratteristica del tipo di sigillo o timbro impiegato in Anatolia. Nel corso del periodo anatolico delle colonie, l’influenza mesopotamica si manifesta particolarmente nei sigilli e timbri di forma cilindrica.

Sotto l’era imperiale, verso il XI e XIV secolo, gli Ittiti for­mavano uno dei tre grandi stati. Secono le informazioni che ci forniscono gli archivi di Bogazköy, Ugarit, e Amarna, risulta che il monarca più potente dell’epoca era Şuppiluliumas I (1380-1340 a. C.). Questo monarca, di cui il potere, oltrepassan­do l’Eufrate, si era steso fino in Siria, aveva nominato dei principi vassalli fin nelle province lontane e importanti come Kargamiş. Dopo la guerra che essi avevano ingaggiato nel XIII secolo a. C. contro l’Egitto, gli Ittiti avevano esercitato una potenza dominatrice uguale a quella dell’Egitto, dominazione, puntellata dall’accordo concluso nel 1296 a. C. tra il re Hattusili III e Ramses II. La copia dell’accordo in lingua accada di questo periodo, iscritto su una tavoletta di terracotta, fu trovata nel corso degli scavi di Bogazköy. Questa tavoletta è esposta nella vetrina riservata a Kadesh

 

Quanto alla scultura ittita, che generalmente s’armonizza con l’architettura che essa decora, possiede il suo stile origi­nario. Due stele provenienti da Bogazköy rappresentano un uo­mo e una donna, presumibilmente in attitudine di preghiera (invv. n. 7775 e 7776). La sfinge di Yerkapi a Bogazköy dimostra l’influenza egiziana, risultante dai rapporti stretti tra gli Ittiti e l’Egitto. Questa sfinge è una delle opere antiche e la più ca­ratteristica dell’antica scultura ittita.

 

All’entrata della sala che ci interessa ora, le sei «ortostati» che prendono posto nei due lati della porta, provengono dalla città antica di Zincirli, di cui essi decoravano la porta sud. Le ortostati che occupano la parte sinistra delia sala provengono dalla porta ovest della stessa città. Una ricostruzione della porta antica non può essere realizzata a causa delle dimensioni strette della sala. Le figure di questo bassorilievo rivelano una visibilissima influenza assira.

Le ortostati che decoravano le parti basse delle porte del complesso del palazzo, rappresentano, in rilievo, certi funzionari de! palazzo, dei musici e il re Barrakabin (inv. n. 7973). La statua del re che si può vedere a destra dell’uscita (inv. n. 7768) faceva ugualmente parte del complesso che noi abbiamo appena citato.

Una stele scoperta a Ördekburnu, presso Zincirli è esposta a sinistra dell’entrata della seconda sala (inv. n. 7996). Essa è ornata di iscrizioni e di una scena dove figura una cerimonia conviviale. Si tratta di un’opera dove le influenze straniere sono poco visibili e dove dominano le tradizioni artistiche ittite. Le scritture pittografiche, in rilievo, esposte sullo stesso muro, sono opere trovate a Hamat. Un’altra stele, a lato di questi ri­lievi, scoperta a Ekrek, presso Kayseri, porta dei segni gerogli­fici ittiti, scavati sulla stessa pietra. Reperti ittiti dell’era anteriore, scoperti a Maraş, in Anatolia, occupano l’altra metà della sala. Vi si notano forti influenze straniere. Il torso del re Halparunda II (inv. n. 7772) è coperto, sui due lati e sul dorso d’iscrizioni geroglifiche ittite, in rilievo. Di fronte si vede lo scettro regale, il fiocco grosso, e, a destra del torso, una spada.

 

I leoni che si trovano all’uscita della sala e alcuni dei quali portano delle iscrizioni, svelano dal punto di vista dello stile, alcune influenze assire (inv. n. 7698 e 7699). Uno di questi leoni è interamente coperto d’iscrizioni geroglifiche, che enumerano la discendenza del re di Maraş Halparunda III. A sinistra, sui muri, si trovano delle stele che rappresentano delle cerimonie libatorie.

 

All’uscita della sala, si vede una stele, opera del periodo anteriore ittita, scoperta tra i resti del palazzo di Nabukadnezar II e trasportate a Babilonia, come bottino di guerra (inv. n. 7816). Il Dio della tempesta, rappresentato su questa stele, era uno dei più importanti e più caratteristici numi degli ittiti. Questo rilievo, che risale al IX secolo a.C., comporta tutte le caratteristiche dell’abbigliamento assiro ittita : copricapo a pun­ta, tunica corta, scarpe a punte alzate, barba riccioluta, spada lunga, braccialetto alla caviglia destra.

 

Documenti nella Scrittura Cuneiforme

La scrittura cuneiforme fu inventata dai Sumeri, che vive­vano in Mesopotamia agli inizi del III millennio a. C. In principio le scritture pittografiche servivano a simbolizzare certi concetti semplici. Con il tempo, questi segni pittografici furono sempli­ficati e composti in alfabeto. Oltre ai Sumeri, gli Accadi che vivevano ugualmente in Mesopotamia (2340-2360 a. C.)hanno adattato soprattutto i segni della scrittura cuneiforme allo stesso idioma. Questa scrittura fu impiegata dagli Assiri, Babilonesi, Elani, e gli Hurri, si propagò fino in Siria del sud agli inizi del secondo millennio a. C. e penetrò in Anatolia dopo lo stabilirsi in questa regione delle colonie commerciali assire. Gli Ittiti, nel XVIII secolo a. C. e gli Urartu, nel IX secolo della stessa era, impiegarono ugualmente la scrittura cuneiforme. Verso il VI secolo, i Persi semplificarono i segni cuneiformi e donarono loro la forma alfabetica definitiva. Le iscrizioni e gli epitafi dei re di Persia aiutarono molto a decifrare la scrittura cuneiforme. Questa scrittura che non era stata impiegata sotto l’era dei Seleucidi in Babilonia che per i testi relativi all’astro­nomia, disparve completamente agli inizi del I secolo a. C.

Le tavolette scolastiche relative alla storia, al diritto, alla medicina, all’economia e alla religione, così come quelle rela­tive alle scienze matematiche, astronomiche e magiche, com­portavano dimensioni che andavano da cm 1,5 x 2, fino a cm 20 x 30. Le tavolette erano pure di forma cilindrica e prismati­ca. Il museo possiede, conservate negli archivi, classificate e divise, 75.000 tavolette relative ai testi cuneiformi. Essendo imponente il numero di queste tavolette, ci si accontenta di esporne che un numero limitato, i cui esemplari più interes­santi sono quelli appartenenti alle civilizzazioni mesopotamiche che vanno dal 3000 fino alla venuta di Cristo: civilizzazione dei Sumeri, dei Babilonesi, dei Persi, degli Assiri e degli Accadi.

Ecco qualche esempio :

 

1. E3 440 — una delle più antiche scritture conservate negli archivi, 2700 a. C.

 8. L 1801 — una delle più piccole tavolette, sumerico, pos­teriore al XXI a. C.

    5.Ni 2789 — sentenza del tribunale relativa a un crimine;sumero, posteriore al XXI a. C.

6.L 958 — Sentenza del tribunale che punisce un uomo che ha rotto il suo fidanzamento; sumero, anteriore al 2035 a. C.

10 Ni. 178 — Documento medico, relativo a una pozione contro il veleno e le forme magiche da appli­carsi ai malati.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *