Amcazade Hüseyin Paşa Yalısı
Proprio accanto all’acquedotto di Valente visitammo la scuola, la biblioteca, il mausoleo e il complesso architettonico costruito da questo personaggio ma la sua casa a Kanlica, disabitata e quasi diruta, è una delle più antiche abitazioni in legno lungo le rive del Bosforo. Ha una fontana all’interno e una grande sala pensile sul mare.
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Questo vecchio «yali» di legno, sopravvissuto come un simbolo eloquente delle belle case antiche sulle sponde della costa asiatica, si distingue per i suoi esterni dipinti di rosso. La facciata dell’edificio dà sul Bosforo, il retro porge su di un verde boschetto. Il suo vasto soggiorno è sormontato da una cupola e il resto del tetto è di legno lavorato, così come le pareti,decorate con disegni di fiori e di frutta. La fontana al centro del locale è di marmo e il suo zampillo d’acqua rinfresca l’ambiente. Tre lati del salone porgono sul mare o le finestre fanno da cornice a un divano sui cuscini del quale è dolce riposare. Le finestre sono ampie e seguono una linea orizontale permettendo a una persona di vedere all’esterno secondo un criterio moderno. Si tratta infatti di una architettura molto avanzata rispetto ai suoi tempi, simile alle contemporanee creazioni di pareti e di pannelli di vetro..
A proposito di questo bello «yali» sul Bosforo, colgo l’occasione per ricordare il libro di Abdulhak Sinasi Hisar, un esimio scrittore turco, intitolato «Bogazici Yalilari» (Gli «yali» del Bosforo).
In quest’opera. Io scrittore e filosofo paragona questi edifici, adagiati ai bordi dell’acqua sul Bosforo, a navi fantasma gonfiate dal vento ma inchiodate sulla terra… Al passante, queste abitazioni ricordano i colori smaglianti e piacevoli degli abiti indossati dalle signore turche nei tempi andati: davanti ai nostri occhi si defilano quelle che furono il vanto dei loro creatori. Osservando questi «yali», immaginiamo le diverse temperature della giornata sul Bosforo, la frescura del mattino, il calore ardente del meriggio, il dolce tepore di cui s’intridono la sera e la notte, la fragranza dei fiori, il chiaro di luna riflesso nell’acqua che sfiora con gentile levità gli «yali» dormienti… E’ un quadro che possiamo ricostruire con la fantasia come se, alla vista di un’orchestra, in, silenzio e senza musicanti, fossimo in grado di ascoltare con il fervore dell’immaginazione le dolci e languide melodie che i vari strumenti produrrebbero.
L’autore ci chiarisce le intime finalità architettoniche di questi «yali». L’edificio posto fra il mare e la terra doveva avere la facciata colorata di blu marino e il retro color dei verdi boschetti per miscelare e armonizzare le tinte fra loro.
Quando le porte erano aperte, si dovevano vedere tanto le acque increspate del mare sul davanti quanto l’ammasso del fogliame sul retro.
Allo scopo di sentire ancora più viva la presenza del mare, sotto le abitazioni venivano ricavati dei rifugi per le barche, comunicanti con il Bosforo.
All’interno dello «yali» c’erano saloni e specchi d’acqua con fontane.
In nessun altro luogo come in seno al Bosforo mai si conobbe un desiderio e un amore così forti per l’acqua che ci parla anche nel silenzio della notte.
L’azzurro del mare, il verde degli alberi, i fiori dei giardini.
Tutto ci invita a penetrare nella loro armonia. Dalle finestre vediamo solo una silenziosa distesa che esercita su di noi un fascino notevole.
Passando in barca lungo le rive del Bosforo, ci si trovava in mezzo a file di palazzi di un abbagliante biancore, agli «yali» multicolori, ai giardini coperti di piante policrome e protetti da recinti di griglia verdi o dorati, a fontane e piccoli chioschi per una distanza di 25 chilometri fra le due rive, quella europea e quella asiatica, dell’incomparabile canale naturale che sépara due continenti.